Piano tagli da 5 miliardi, scoppia il caso F35
ROMA — Si profila un braccio di ferro sugli F35, gli aerei da guerra per i quali il governo ha intenzione di tagliare i piani d’acquisto. Oggi il Capo dello stato presiederà il Consiglio supremo di difesa, dove farà pesare tutta la sua contrarietà all’operazione, già manifestata diverse volte. Ma il governo insiste e gioca di sponda con il Parlamento. Ieri notte il gruppo del Pd ha depositato in commissione Difesa alla Camera un documento in cui parla di «significativo ridimensionamento» del programma legato all’americana Lockheed. Un passaggio che ha avuto il via libera sia del presidente del consiglio Matteo Renzi sia del sottosegretario Luca Lotti. E che verrà formalizzato nel documento finale dell’indagine sugli armamenti che la stessa commissione sta per chiudere. Non è un dettaglio perché il parere del Parlamento è adesso vincolante sulle spese per investimenti militari.
L’obiettivo del governo resta quello di dimezzare l’operazione, passando da 90 a 45 aerei, con un risparmio di 6 miliardi in 12 anni. Ma quello tra Quirinale e governo non è l’unico braccio di ferro in atto. Ieri l’ambasciatore americano a Roma, John Phillips, ha incontrato una delegazione delle commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato. Ed ha espresso tutte le sue perplessità sul taglio dei caccia. Al partito dei favorevoli al taglio, però, si iscrive anche il Nuovo centrodestra, con il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi: «Noi siamo totalmente disponibili e responsabili a patto che le risorse vadano ai lavoratori, alle imprese, alle famiglie». Il ministro della Difesa Roberta Pinotti (Pd), chiamata in questi giorni a rispondere alle proteste dei vertici militari, non si sbilancia: «Sui sistemi d’arma dobbiamo ripensare, rivedere, ridurre. Non ho parlato nello specifico di un programma». Toni certo più sfumati di quando dice che «non è assolutamente all’ordine del giorno l’accorpamento di polizia e carabinieri». Parole apprezzate dal Cocer, l’organo di rappresentanza dei carabinieri che parla di un comparto «già assurdamente penalizzato più di altri».
I tagli alla difesa si aggiungono a quelli della spending review . Ieri il commissario Carlo Cottarelli ha confermato le sue previsioni: cinque miliardi per il 2014 anche se «prudenzialmente si può contare su tre miliardi» ma «tutto dipende dalle scelte politiche». Sulle pensioni il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti ha escluso tagli che ci saranno solo sulle false invalidità. Sugli 85 mila esuberi della Pubblica amministrazione, le slides che Cottarelli ha portato con sé in commissione Bilancio al Senato dicono che in realtà potrebbe bastare il blocco totale del turn over . Nei prossimi tre anni sono previsti 90 mila pensionamenti: per tagliare gli organici basterebbe non sostituirli. Anche se il suo documento indica due «criticità»: l’ulteriore invecchiamento dei dipendenti pubblici e il fatto che i pensionamenti non riguardano in modo omogeneo tutti i settori. Tanto più che, proprio sulle pensioni, resta da risolvere il problema dei 4 mila insegnanti della cosiddetta quota 96, quelli che dopo la riforma Fornero non erano riusciti ad andare in pensione nonostante avessero i requisiti. La Ragioneria ha bocciato le coperture trovate dal Parlamento e la questione torna adesso in alto mare.
Intanto il documento di Cottarelli propone di intervenire sulle indennità di accompagnamento, per le quali al momento non ci sono limiti di reddito. Il costo per lo Stato è di 12 miliardi l’anno con una «distribuzione territoriale squilibrata che suggerisce abusi» e valori molto alti in Calabria, Campania, Sardegna e Umbria. Cottarelli propone un limite di reddito — 30 mila euro l’anno per la persona, 45 mila a famiglia — almeno per le nuove, quelle ancora da autorizzare. Si risparmierebbero 100 milioni nel 2015, il doppio l’anno successivo. Ma i «risparmi sarebbero più elevati nell’immediato se si intervenisse, almeno per soglie di reddito elevate», anche su quelle già autorizzate. Una proposta già fatta in passato ma sempre rimasta nel cassetto. Proprio ieri l’Ocse ha invitato i governi a prendere provvedimenti per tutelare la fasce più deboli. Negli ultimi cinque anni la famiglia italiana media ha perso 2.400 euro di reddito. Quasi il doppio della media nei Paesi dell’Euro.
Lorenzo Salvia
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