Padoan: “Privatizzare anche le Ferrovie conti in ordine e spending non punitiva”
CERNOBBIO — L’Italia non ha alternative: «Deve crescere, recuperare competitività e creare buona occupazione». La strada maestra della ripresa però (come ci ripetono da anni da Berlino e Bruxelles) corre su un sentiero per noi strettissimo: «I conti a posto». Altro che sfide al tetto del 3% e bracci di ferro muscolari con l’Europa. Il ministro al Tesoro Pier Carlo Padoan, ospite ieri al Forum nazionale di Confcommercio, ha riportato tutti con i piedi per terra. «Io non sarò solo il Signor No», ha provato a mettere le mani avanti contro chi identifica il nuovo inquilino di via XX settembre come il garante dell’austerity targata Ue. Scorciatoie però non ce ne sono: «Dobbiamo realizzare le riforme strutturali senza far venir meno il sostegno all’economia per proseguire il consolidamento dei conti». Solo dopo «si potrà avviare un confronto costruttivo con i partner europei». E il primo jolly sul tavolo del Tesoro è un nuovo piano di privatizzazioni («c’è un interesse crescente dei mercati») che accelera i progetti avviati dal governo Letta, mettendo all’asta anche «partecipazioni in società controllate come le Ferrovie dello Stato e Fincantieri».
La necessità di tenere dritta la barra del rigore, ha spiegato Padoan, è una questione di realismo: «La caduta del Pil si è interrotta ma il quadro è fragile ed eterogeneo per territori e per settori». La domanda estera tira, ma quella domestica «è ancora debole» e le condizioni del mercato del lavoro rimangono problematiche con il rischio che non possiamo ignorare di un aumento del disagio sociale». Come far funzionare l’equazione della necessità delle crescita con la stabilità del bilancio? Il premier ha già lanciato il piano per la riduzione dell’Irpef. Il Tesoro si prepara a fare la sua parte con una spending review che «non sarà punitiva, aggredirà le inefficienze ed eviterà i tagli lineari» mentre oltre alle cessioni di quote in società pubbliche «è in fase molto avanzata — ha promesso il ministro — il provvedimento per il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione con una soluzione destinata a risolvere i problemi anche per il futuro».
Padoan respinge l’etichetta di “falco” dei conti. «Il ministero dell’Economia è tradizionalmente quello del signor no. Ma credo che il mio vocabolario debba essere più ampio di questa parola». Certo, la stella polare non può non essere «una politica di bilancio che stia nel quadro normativo comunitario che abbiamo recepito nel nostro ordinamento nazionale» ha ricordato ieri. Ma anche nelle maglie strette degli accordi con la Ue «trovano debita considerazione variabili quali l’adozione di riforme strutturali e l’esigenza di investimenti di un paese membro ». Come dire che se faremo per bene i compiti a casa, anche via XX settembre si schiererà a fianco del premier senza se e senza ma per negoziare con Bruxelles tutta la flessibilità necessaria per dar uno choc all’economia tricolore.
Ora però è il momento di mandare avanti le riforme: quelle istituzionali «che sono parte integrante della parte strutturale degli interventi dell’esecutivo » e quella sul lavoro «complessa ma che permette di semplificare». Un percorso lungo il quale il ministro ha garantito che sarà aperto al contributo di tutte le parti sociali.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e padrone di casa ieri a Cernobbio, ha raccolto subito l’invito: «Per tornare a crescere, le priorità sono il taglio della spesa pubblica (ci sono 80 miliardi aggredibili) e quello delle tasse, ovvero le due leve fondamentali su cui agire per contrastare la recessione».
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