Nasce Green Italia, per un’Europa verde

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Roberto della Seta,

L’ingresso del Par­tito demo­cra­tico nel Par­tito socia­li­sta euro­peo è cer­ta­mente una noti­zia. Se non altro cer­ti­fica la fine di un tor­men­tone spesso stuc­che­vole che accom­pa­gna il Pd dalla sua nascita: ven­ti­cin­que anni dopo la Bolo­gnina di Occhetto, che rifiutò il nome «socia­li­sta» per il dopo-Pci, la sini­stra rifor­mi­sta ita­liana scio­glie la riserva, e in cam­bio di un agget­tivo in più – «demo­cra­tico» – aggiunto al Pse fa una scelta defi­ni­tiva di campo euro­peo. Pro­ba­bile, come hanno scritto in molti, che una deci­sione così potesse pren­derla solo un segre­ta­rio come Renzi, estra­neo alla sto­ria sia del Pci che del socia­li­smo euro­peo, ma il punto a me sem­bra un altro. Cosa signi­fica in ter­mini di pro­spet­tive pro­gram­ma­ti­che, di cul­tura poli­tica, que­sta scelta del Pd? Direi non mol­tis­simo. Oggi il Pse è un con­te­ni­tore di par­titi, di posi­zioni che in comune hanno quasi sol­tanto il rife­ri­mento a una tra­di­zione glo­riosa: den­tro con­vi­vono euro­pei­sti appas­sio­nati e con­vinti euro­scet­tici, soste­ni­tori del fiscal com­pact e accesi fau­tori di poli­ti­che eco­no­mi­che neo-keynesiane, nuclea­ri­sti (i fran­cesi) e anti­nu­clea­ri­sti (i tede­schi). Ecco, forse que­sto sin­cre­ti­smo è il vero tratto di unione tra Pse e Pd: anche nel Pd c’è di tutto, da chi vor­rebbe per­pe­tuare sine die le lar­ghe intese a chi occhieg­gia alla Lista Tispras, da quelli che fino a ieri si defi­ni­vano teo­dem ai pala­dini dei matri­moni omosessuali.

Hanno biso­gno di que­sto l’Europa e l’Italia per avvi­ci­nare quei cam­bia­menti poli­tici radi­cali senza i quali l’attuale stallo sociale, eco­no­mico, civile, ambien­tale diven­terà rapi­da­mente col­lasso? Penso che l’attuale opa­cità cul­tu­rale e pro­gram­ma­tica dei pro­gres­si­sti euro­pei e ita­liani siano parte del pro­blema, non della solu­zione. Green Ita­lia, che tiene oggi a Roma la sua assem­blea di fon­da­zione (al Tea­tro Qui­ri­netta dalle 9 e mezza alle 18, ci saranno tra gli altri Luigi Ciotti, Giusi Nico­lini, Igna­zio Marino), nasce anche da que­sta con­vin­zione: siamo eco­lo­gi­sti con sto­rie poli­ti­che diverse (o nes­suna sto­ria poli­tica) alle spalle, ci siamo uniti per­ché non sop­por­tiamo più l’assenza dalla poli­tica ita­liana di una pro­po­sta chiara che indi­chi nel green new deal, dall’economia verde ai beni comuni, la via più con­vin­cente per affron­tare insieme le crisi che asse­diano il continente.

Nel resto d’Europa una pro­po­sta così è sal­da­mente in campo, spesso con numeri elet­to­rali impor­tanti. In Ita­lia no, e que­sta ano­ma­lia è al tempo stesso un sin­tomo e una causa di molti dei nostri mali. Eppure gli ita­liani hanno da inse­gnare in mate­ria di eco­lo­gia. Siamo l’unico Paese euro­peo che per due volte con refe­ren­dum ple­bi­sci­tari ha detto no al nucleare, siamo quelli che secoli prima degli altri hanno pra­ti­cato la green eco­nomy costruendo ric­chezza e benes­sere con mate­rie prime imma­te­riali come la bel­lezza natu­rale e cul­tu­rale, la crea­ti­vità delle per­sone, la coe­sione sociale e ter­ri­to­riale. Adesso siamo il Paese dell’Ilva di Taranto, della terra dei fuo­chi in mano alle eco­ma­fie, di un dis­se­sto idro­geo­lo­gico ormai ter­ri­fi­cante, di mini­stri dello svi­luppo che fanno la guerra alle ener­gie rin­no­va­bili per difen­dere gli inte­ressi dei grandi poten­tati dell’energia fos­sile. Green Ita­lia nasce per aiu­tare a inver­tire que­sta rotta sui­cida, magari per dare una mano pure al Pd neo-socialista a deci­dere cosa vuole fare da grande.



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