L’Ue si associa con Majdan
L’Unione europea ha firmato con Kiev l’accordo di associazione, rifiutato in precedenza da Yanukovich, contribuendo a creare le condizioni della crisi poi sfociata nelle proteste di Majdan; la Russia annette ufficialmente alla Federazione russa la Crimea e Bruxelles allarga ad altre 12 personalità russe le sanzioni economiche. Putin in risposta, apre un conto nella banca che ieri era stata sanzionata dagli Stati uniti.
Si tratta di eventi che si prestano a importanti conseguenze. Innanzitutto il trattato di associazione, che include i capitoli sui valori democratici e sulla politica estera e di sicurezza e in particolare — si legge — «una cooperazione rafforzata su questioni regionali, prevenzione dei conflitti, gestione delle crisi, armi di distruzione di massa e disarmo». I leader Ue si sono impegnati a firmare i restanti capitoli economico-commerciali, energetici e sulla liberalizzazione dei visti successivamente, dopo le elezioni presidenziali ucraine di maggio, mentre il primo incontro del dialogo Ue-Ucraina si terrà ad aprile.
La firma di ieri, ha sottolineato Van Rompuy, «riconosce le aspirazioni del popolo ucraino a vivere in un paese governato dai valori, dalla democrazia e dallo stato di diritto» e «il forte desiderio popolare per una vita decente come nazione, per uno stile di vita europeo». «Oggi è solo l’inizio: ci aspettiamo presto di firmare le parti rimanenti» dell’accordo che «insieme a quelle politiche formano un unico strumento», ha detto Van Rompuy durante la cerimonia, «l’Ue sta ora al fianco di questa nuova Ucraina».
Ma di quale Ucraina si sta parlando, sarebbe lecito chiedere. Quella — ad esempio — delle regioni russofone orientali che hanno più volte dimostrato, con proteste e manifestazioni, di non sentirsi rappresentati dall’attuale governo, nominato per acclamazione dalle migliaia di persone di Majdan? L’atteggiamento della Ue, oltre che ondivago, appare puntare sul rischio secessione, per davvero. L’attuale accordo infatti non potrà non porre la questione del riconoscimento da parte di chi, in Ucraina, si sente più russo che occidentale. Non è un caso che il premier britannico Cameron ha detto: «Se le truppe russe entrassero nella parte est dell’Ucraina, la Russia deve sapere che questo farebbe scattare sanzioni ad ampio raggio» in campo economico e finanziario.
Non si capisce se sia un auspicio o un’allerta, ma è chiaro che la fretta con cui la Ue ha voluto firmare questo accordo, con le promesse di svariati miliardi di euro (ancora da mettere sul tavolo) può diventare un ulteriore elemento per un rischio di divisione del paese.
Anche perché ad ora, perfino l’Unione europea sulle sanzioni è completamente divisa. Chi è favore di punizioni commerciali, non lo è rispetto a misure di natura militare, così come vale il contrario. Francia e Germania ad esempio la pensano in maniera diversa. Al momento sono stati sanzionati altri 12 russi: in cima alla lista c’è il vice premier russo Dmitry Rogozin; sale dunque a 33 il numero complessivo di persone colpite dal congelamento dei beni ed il divieto di viaggiare nella Ue. Dell’elenco fanno parte anche il consigliere di Putin Sergei Glazyev, ed i presidenti delle due camere del Parlamento russo, Valentina Matviyenko e Sergei Naryshkin.
E se la Polonia è in prima fila per spingere duro contro Mosca, ieri la Bulgaria ha fatto sapere che potrebbe porre il veto in seno all’Ue su eventuali sanzioni economiche troppo pesanti contro la Russia. È quanto ha dichiarato ieri a Bruxelles, al termine del Consiglio europeo, il premier Plamen Oresharski, citato dai media bulgari. «In questo mondo tutto è possibile», ha aggiunto Oresharski, il quale non ha escluso a priori la possibilità che Sofia ponga il veto su sanzioni troppo dure. «È necessario cercare una soluzione della crisi che sia accettabile per tutte le parti: Ue, Ucraina e Russia».
Putin nel frattempo, fanno sapere da Mosca, ha firmato quanto era scontato, ovvero l’annessione ufficiale della Crimea alla Federazione russa, culminando così quel processo cominciato con il referendum, non risconsciuto dall’Unione europea. Sul fronte militare, ieri si sono segnalate esercitazioni russe in Transnistria, ma la situazione è apparsa tutto sommato tranquilla. Più interessante, specie per lo scontro interno ucraino che si aprirà al riguardo, l’arresto del presidente dell’azienda del gas ucraino Naftogaz, Yevghen Bakulin, fermato con l’accusa di aver arrecato danni al paese per almeno quattro miliardi di dollari, nel quadro di una inchiesta sulla corruzione nel settore del gas. È l’azienda di Bakulin ad avere i rapporti diretti con la Gazprom russa per le forniture del gas.
Un altro fronte che si apre, in attesa della campagna per le elezioni ucraine del 25 maggio.
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