L’eroina dei ragazzi

L’eroina dei ragazzi

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L’eroina è di nuovo tra noi, come il peggiore degli incubi. È in mezzo ai nostri adolescenti. Le foto in bianco e nero degli anni ‘70 — il cucchiaio per contenere il grammo, il lattosio a volte il talco a volte la calce per renderlo impuro e quindi digeribile, l’accendino per riscaldarlo, la siringa per iniettarlo in una vena libera dalle cicatrici — prendono colore in questa stagione delle mille droghe sintetiche, delle sostanze inghiottite, fumate, inalate. Non bastano, no. Serve altro. Come ha detto, ospite in Italia, il filosofo Zygmunt Bauman, «la società post-moderna è il tratto che collega tutte le varie sostanze e i consumi patologici». E le dipendenze, in una fase di disperazione sociale acuta, tornano a guardare indietro. All’eroina e al buco.
La quotidianità clandestina di un’altra era, raccontata a Sanremo da Cristiano De Andrè — «la musica mi ha salvato dalle bustine che, in quegli anni, a Genova, trovavi in ogni strada» — , si ripresenta. Con una prepotenza che sta spiazzando forze dell’ordine e comunità terapeutiche. L’eroina è ricomparsa, innanzitutto, lungo la costa adriatica, poi nelle grandi città. A Torino, a cavallo tra gennaio e febbraio, in una settimana sono morte di overdose quattro persone. A Roma, tre. Ex ragazzi a ridosso dei quaranta appena usciti dalle comunità o dal carcere, corpi accasciati in posizione fetale, volti di cera. Il primo “ex” lo hanno trovato a Beinasco, periferia sud di Torino.
Rannicchiato sui sedili dell’auto, la siringa infilata nel braccio: aveva 40 anni e dentro la Fiat Punto mangiava, dormiva, viveva. È stato liquidato come “un vecchio tossico”. Il secondo ucciso dallo schizzo, ventiquattr’ore dopo, lo ha scoperto la compagna, a Moncalieri, stessa area di cintura: lo ha trovato disteso all’ingresso, bava alla bocca, lo stantuffo a pochi centimetri. L’ultimo lavoro, perso da tempo, era stato benzinaio. Nelle stesse ore se n’è andato un trentenne di Mirafiori. Poi un decesso fulminante a Villastellone. Droga cattiva, a Torino sud. Mischiata a calcinacci. Ma è un anno che in tutta la città, centro e cintura, i sequestri di eroina aumentano. Prima, spiegano alla narcotici, trovavamo mezzo chilo ogni dieci di coca. Oggi le proporzioni sono “fifty-fifty”.
A Pavia sono in crescita le persone, tra i diciotto e i 45 anni, in cura alle Asl per eroina. Chi vive in Oltrepo, ha il trenta per cento di possibilità in più di provarla. A Torre Annunziata la “brown sugar”, che, scura appunto, possiede proprietà calmanti, sedative, è di nuovo sul mercato. Attrae i ragazzi. Costava molto meno della cocaina. Fuori moda, fuori commercio. Lo “zucchero” ora viaggia a 150 euro il grammo, cinquanta in più della coca. Gli investigatori dell’area vesuviana non la ricordavano dai Novanta, spazzata via dalle paure d’infezione, dall’Aids. È di nuovo qui. «Regala un universo parallelo a ragazzi senza scuola e senza lavoro», dicono i carabinieri di Torre Annunziata.
Nei quartieri come Provolera i giovani pusher sono guidati dalla camorra, qui comanda la famiglia Chierchia, ma c’è chi — disperato — si è messo a spacciare in proprio assumendo un doppio rischio: l’arresto di polizia e la punizione del clan.
Degrado ambientale e urbanistico, scarsa scolarità, impossibilità di un lavoro. Cause antiche. Uno studio del Cnr di Pisa ha dettagliato ulteriormente il fenomeno, disegnando i nuovi numeri dell’addiction di ritorno. Sono 36 mila gli studenti italiani — tra i 14 e i 19 anni — che hanno provato eroina e altri oppiacei una volta nella vita: l’1,5 per cento. In 16 mila l’hanno consumata almeno dieci volte nell’ultimo mese. Eccoli, i normali ragazzi tossicodipendenti del 2014. Lo studio Espad-Italia su 516 scuole spiega che al Sud i ragazzi toccati sono anche di più, l’1,7 per cento.
Accanto alle fotografie vintage ci sono alcune novità sociali che accompagnano il ritorno prepotente dell’ero. La cocaina spesso fa da traino, i ragazzi passano dallo sniffo all’endovena. Leopoldo Grosso, psicologo e vicepresidente del gruppo Abele, a Redattore sociale ha spiegato: «I nuovi junkie sono giovani cresciuti durante la fase remissiva della sostanza, provano ad usarla oggi in modo pragmatico, quasi medico. Poco a poco, però, la dipendenza si cronicizza». Gli esperti di Villa Maraini, e siamo a Roma, sono pessimisti: «Di qui a un anno assisteremo a una pesante emergenza eroina. Gli stupefacenti seguono un andamento ciclico, vivono di corsi e ricorsi: dopo un periodo in cui hanno predominato sostanze eccitanti, tornano quelle calmanti e depressive». Molta eroina, va detto, viene fumata. Fumare è meno pericoloso dell’iniezione in vena. Con il passare del tempo, però, da droga conviviale l’ero diventa esperienza solitaria e, comunque, pericolosa. Ancora Grosso (gruppo Abele): «C’è stato un periodo in cui la diffusione degli oppiacei è stata drasticamente ridimensionata, soppiantata dalla cocaina, il cui consumo è più compatibile con la vita ordinaria. Ma è stata la cocaina a riagganciare molti dei nuovi eroinomani, ne hanno acquistato dosi per attutire il cosiddetto down, la fase in cui gli effetti della coca svaniscono. E oggi si registra un aumento lento, costante e progressivo dell’assunzione endovenosa». Ex tossicomani in cura ai Sert di Torino raccontano: «In giro è pieno di ragazzini. All’inizio sniffano, fumano, sembra che abbiano paura dell’ago: ma quasi tutti, col tempo, finiscono per bucarsi ».
Lo scorso 28 febbraio a Genova si sono incontrate le associazioni del Forum droghe, tre giorni in memoria di Don Gallo. Hanno proposto la depenalizzazione del consumo personale, hanno segnalato la nuova- vecchia urgenza. È Grosso a segnalare il ritardo della presidenza del Consiglio, sotto la cui egida è insediato il Dipartimento delle politiche antidroga: «I dati forniti dal governo non corrispondono a quello che da tempo gli operatori osservano sul campo: l’eroina è tornata».
L’ero-questione è globale. L’Onu da mesi osserva un picco di produzione di oppio mondiale: mai ne è stato prodotto tanto, soprattutto in Afghanistan, dove si stanno sgretolando gli avamposti filo-occidentali. Negli Stati Uniti la
Substance abuse admnistration registra il raddoppio dei consumatori in cinque anni (oggi sono 669 mila) e il raddoppio in dieci anni delle overdose fatali. I sequestri di pani d’eroina al confine con il Messico in quattro anni sono quadruplicati, le infezioni da siringa aumentate del 33 per cento. Negli Stati Uniti, va notato, le statistiche partono dai 12 anni: l’epidemia è esplosa tra i preadolescenti e colpisce le piccole comunità di provincia. A gennaio Peter Shumlin, governatore del Vermont, ha dedicato i 34 minuti del suo discorso annuale all’emergenza eroina: «Ci minaccia in ogni angolo della nostra regione». Nel Wisconsin molte imprese non riescono a occupare tutti i posti di lavoro a disposizione perché troppi potenziali dipendenti risultano positivi all’eroina. Emylee Lonczak, figlia di buona famiglia della Virginia, è morta al primo buco: era andata con gli amici a Washington per comprare la dose, se l’era fatta iniettare durante il viaggio di ritorno in auto, era svenuta subito. Gli amici l’hanno abbandonata in un garage. Philip Seymour Hoffman, attore, regista, vincitore di un Oscar, se n’è andato lo scorso 2 febbraio nel suo lussuoso appartamento newyorkese disseminato di siringhe e buste di droga segnate con un marchio di fabbrica, l’asso di spade, apposto su una miscela a base di eroina e Fentanyl. L’Ace of Spades in poche settimane ha ucciso cento persone in America.


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