La dura vita dell’austerità: l’Ue lo boccia, Renzi continua a fare lo spaccone (per poco)

by redazione | 7 Marzo 2014 11:01

Loading

La Com­mis­sione Euro­pea lo ha boc­ciato. La Cgil con la segre­ta­ria Susanna Camusso ha ini­ziato a can­no­neg­giare il suo «Jobs Act», entità fan­ta­sma­tica che pren­derà corpo mer­co­ledì 12 marzo in un’attesissima con­fe­renza stampa dove ci si aspetta qual­cosa in più di una newsletter.Nel frat­tempo, Mat­teo Renzi con­ti­nua a fare lo spac­cone. Sa che non può sfo­rare il fati­dico 3% sul deficit/Pil, come dimo­stra l’«avvertimento» di mer­co­ledì da parte della Com­mis­sione Ue sul debito alto e la bassa com­pe­ti­ti­vità, ma con­ti­nua a rega­lare 10 miliardi di euro sul taglio del cuneo fiscale; 9 miliardi per il «Naspi», il sus­si­dio con­tro la disoc­cu­pa­zione che ha lo stesso nome di un idrante ed esclude 1/3 dei senza lavoro attuali; 2 miliardi per l’edilizia sco­la­stica e un non meglio pre­ci­sato «piano casa». «Una cosa è cer­care forme di avvi­ci­na­mento al paese, un’altra è il culto della per­so­na­lità» ha detto, ful­mi­nante, Camusso.Pre­messa per boc­ciare la poli­tica degli annunci su twit­ter di Renzi: i 5 miliardi di euro che vuole stor­nare dall’ancora riser­vata spen­ding review a favore del taglio del cuneo fiscale «è una misura ancora lon­tana dall’essere uno choc sull’economia. Era già insuf­fi­ciente a dicem­bre e lo è anche oggi». Camusso si augura che il «con­tratto unico» pre­vi­sto dal «Jobs Act» non sia un nuovo con­tratto pre­ca­rio. Corso Ita­lia chiede «un sistema di ammor­tiz­za­tori sociali uni­ver­sali», quello che il «Naspi» non è, visto che riguarda al momento solo chi ha la cassa inte­gra­zione in deroga e chi ha l’Aspi in sca­denza. È un segnale: la Cgil potrebbe per­dere la pazienza.
Renzi non ci sta e ha abban­do­nato l’equilibrismo che lo ha por­tato ad un accordo sulla legge elet­to­rale straor­di­na­ria­mente ambi­guo, per usare un eufe­mi­smo, e ha dis­sot­te­rato l’ascia dell’orgoglio nazio­nale: «Basta con il costante refrain ita­liano per cui si dipinge l’Europa come il luogo dove veniamo a pren­dere i com­piti da fare a casa – ha detto ieri a Bru­xel­les per il Con­si­glio euro­peo straor­di­na­rio sull’Ucraina – l’Italia sa per­fet­ta­mente cosa deve fare e lo farà da sola per il futuro dei nostri figli». Il pre­si­dente del Con­si­glio ha riba­dito che la prio­rità per l’Italia è «lavoro e cre­scita, cre­scita e lavoro». Su que­sti temi ha chie­sto di «por­tare pazienza» e di aspet­tare l’aurora di mercoledì.Non è facile tut­ta­via por­tare pazienza alla luce del declas­sa­mento pre­ven­tivo in nome dell’austerità, un regime che mal si con­ci­lia con il sogno di effi­cienza e velo­cità ven­duto dal primo cit­ta­dino pre­mier.
Il falò delle sue vel­leità potrebbe spe­gnersi davanti alla neces­sità, da tempo ven­ti­lata, di una mano­vra finan­zia­ria extra da 12–13 miliardi di euro.Un’ipotesi respinta da Fabri­zio Sac­co­manni, che ieri è inter­ve­nuto come difen­sore d’ufficio del vec­chio governo Letta (boc­ciato sono­ra­mente dalla Com­mis­sione Ue): «Escludo nel modo più asso­luto che vi siano buchi nei conti e che ci sia biso­gno di mano­vre cor­ret­tive». Per Sac­co­manni il Pil all’1% per il 2014 è «un tar­get ambi­zioso, ma rea­li­stico». Qual­cuno si è pre­mu­rato dal Tesoro di con­fer­mare ipo­tesi: «Un cor­poso piano di misure per favo­rire la cre­scita con par­ti­co­lare atten­zione alla crea­zione di posti di lavoro». La solu­zione è quella sug­ge­rita da chi imma­gina la pos­si­bi­lità di un’«austerità dolce»: agire sul deno­mi­na­tore, cioè sul Pil, per abbas­sare il rap­porto tra debito pub­blico e Pil che ha sfon­dato il record del 132,6%, il livello più alto dal 1990. Il pro­blema di Renzi è che, al momento, la cre­scita da pre­fisso tele­fo­nico pre­vi­sta per il 2014 (0,6%, al ribasso) non pro­durrà nuova occu­pa­zione, né per­met­terà di aumen­tare i con­sumi, o di rilan­ciare la domanda interna.
In una nota dif­fusa ieri dall’Asso­cia­zione Bruno Tren­tin e dal CER (Cen­tro Europa Ricer­che) si ricorda che a fine 2013 la ridu­zione cumu­lata del potere di acqui­sto, rispetto al 2007, aveva rag­giunto l’11%. Poi lo scenario-incubo per Renzi: per il bien­nio 2014–15 si pre­vede un’ulteriore fles­sione dell’1%. Solo nel 2016, que­sta caduta si atte­nue­rebbe, ma non per tutti. L’ipotesi di agire sul deno­mi­na­tore è ine­vi­ta­bile, ma su que­ste basi il deno­mi­na­tore rischia di girare a vuoto.A leg­gere le dichia­ra­zioni rila­sciate ieri dal pre­si­dente della Bce Mario Dra­ghi al ter­mine del diret­tivo della Banca cen­trale, que­sto è lo sce­na­rio più pro­ba­bile: c’è la pos­si­bi­lità di una «minore ripresa» della domanda interna. Que­sto spin­ge­rebbe un paese come l’Italia ad un «ral­len­ta­mento nell’attuazione delle riforme strut­tu­rali».
Il mini­stro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che ben cono­sce il pro­blema della cre­scita senza occu­pa­zione, visto che la tesi l’ha for­mu­lata lui da capoe­co­no­mi­sta dell’Ocse, ha ripro­po­sto le pri­va­tiz­za­zioni del piano «Desti­na­zione Ita­lia». In un’intervista a Il sole 24 ore di ieri Padoan le ritiene neces­sa­rie «per aggre­dire le cause di fondo della debole com­pe­ti­ti­vità delle imprese». Il debito va abbat­tuto «raf­for­zando il pro­gramma di pri­va­tiz­za­zioni». È lo stesso pro­gramma di Letta e di Monti. Un pro­gramma che non ha con­vinto gli austeri cen­sori di Bruxelles

Post Views: 228

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2014/03/la-dura-vita-dellausterita-lue-lo-boccia-renzi-continua-fare-lo-spaccone-per-poco/