by redazione | 13 Marzo 2014 11:55
Un Renzi che parte in quarta per fare il pienone elettorale, il prossimo 25 maggio alle europee: il provvedimento principale approvato ieri dal consiglio dei ministri sono quei «10 miliardi per 10 milioni di italiani» che si dovrebbero vedere in busta paga a partire dal 27 maggio. Due giorni dopo il voto: «Avremmo voluto che si partisse il primo aprile, perché avrei voluto farlo prima delle elezioni – ammette Renzi ridendo – ma tecnicamente non si poteva. Troveremo il modo di ricordarlo, mostrando come gli uffici paghe preparano i cedolini».
Insomma un premier in grande forma, che parla di una «riforma storica», «mai fatta prima», e che elenca un calendario fittissimo di nuove leggi e decreti da qui al primo luglio, quando «saremo alla guida del semestre europeo, con un’Italia più leggera»: «In aprile la riforma della pubblica amministrazione, in maggio quella del fisco, in giugno la giustizia».
E le slide corrono, come le promesse: ricordando (confessiamolo, ci abbiamo pensato tutti) Berlusconi, ma in questo caso il presidente del consiglio ribadisce più volte che non si tratta di fuffa, che sono «decisioni già prese, approvate dal consiglio dei ministri, e che mancano solo gli atti legislativi per attuarle», mentre risponde per l’ennesima volta all’accusa principale che gli è stata mossa finora, quella sulla aleatorietà delle coperture: «Ci sono tutte – dice – anzi avremmo anche parecchio di più rispetto ai 10 miliardi necessari: nel Def, che approveremo entro 15 giorni, avrete il dettaglio».
Sulle coperture, quindi, resta ancora una coltre di fumo, nonostante Renzi elenchi puntualmente le fonti disponibili: «C’è la spending review: 7 miliardi nel 2014, ma prudentemente Cottarelli si è tenuto sui 3 miliardi. C’è il fatto che il deficit è al 2,6%, mentre per l’Europa possiamo arrivare fino al 3%: tetto che non sfonderemo mai, ma ciascun 0,1% vale 1,6 miliardi, quindi abbiamo 6,4 miliardi di margine. Non li utilizzeremo tutti («saremo parsimoniosi nell’usarli», aggiungerà più tardi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ndr), ma quei soldi ci sono».
Ancora: «Ci sono i proventi Iva dai 68 miliardi che lo Stato si appresta a restituire alle imprese, e dai 5 miliardi destinati a edilizia scolastica e dissesto idrogeologico; e ulteriori 2,2 miliardi risparmiati dal debito pubblico grazie al calo dello spread» (ma alcune di queste voci, e su questo punto Renzi glissa, l’Europa potrebbe non passarle come cifre certe).
In ogni caso, tra un margine e l’altro, il premier si sente sufficientemente coperto per avere almeno i 10 miliardi necessari alla «svolta buona» (slogan che campeggia sulle slide colorate) che gli porterà il consenso di tanti cittadini proprio sotto elezioni, e forse anche la pace sociale, almeno per alcuni mesi (sia Susanna Camusso che Raffaele Bonanni ieri a caldo hanno lodato lo sgravio fiscale): «Diamo mille euro netti in busta paga a chi prende stipendi netti fino a 1500 euro: si tratta di poco più di 80 euro al mese. Dieci miliardi di euro che vanno in tasca a 10 milioni di persone», spiega Renzi. I beneficiati, come ha precisato, arrivano fino a chi percepisce circa 30 mila euro lordi l’anno, ma il grosso delle detrazioni si dovrebbe concentrare fino ai 25 mila, per poi scalare.
E ancora: il governo «sbloccherà entro luglio i 68 miliardi di debiti residui che deve alle imprese». «Altri 3,7 miliardi andranno all’edilizia scolastica, svincolando queste spese dal patto di stabilità interno; 1,67 miliardi per il dissesto idro-geologico». Movimento di soldi che «creerà nuova occupazione, e grazie al nuovo gettito generato aiuterà a coprire i 10 miliardi necessari all’Irpef».
Ma non basta, perché il premier ha voluto coprirsi le spalle anche rispetto alle critiche delle imprese, e qui sta il «colpaccio», con una misura che non può non piacere a sinistra e al sindacato, ma insieme anche a Confindustria: si aumenta la tassazione sulle rendite finanziarie per detassare il costo del lavoro. «Non i bot, ma le altre rendite – tiene a precisare Renzi – Portiamo la tassazione al livello europeo, dal 20 al 26%, ricavando 2,6 miliardi, che useremo per abbassare del 10% l’Irap sulle imprese private, misura che costa 2,4 miliardi». Inoltre, «diminuiremo del 10% la bolletta energetica per le pmi» (-1,4 miliardi) e «vareremo i decreti attuativi per lo sconto Inail di maggio» (-1 miliardo).
Nonostante le pressioni di parte del Pd sul premier, pare che non si toccherà neanche un F35 per finanziare tutte queste misure.
Quanto al lavoro, il Jobs Act diventa una legge delega, con tempi lunghi, ma da subito – con un decreto legge – Renzi liberalizza i contratti a termine senza causale (passeranno dagli attuali 12 mesi a un massimo di 36) e toglie diversi vincoli all’uso degli apprendisti. Su questi punti, probabilmente la Cgil avrà da ridire.
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