“Impossibile rispettare il fiscal compact”, parla l’economista Giorgio Gattei

by redazione | 20 Marzo 2014 18:43

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«Non si può rispettare il fiscal compact». Giorgio Gattei, economista e storico del pensiero economico dell’Università di Bologna, sembra quasi voler tranquillizzare Matteo Renzi, che a giorni alterni dice di «non voler sforare i vincoli» (come ha detto a Angela Merkel) e che questi sono «anacronistici» (come aveva dichiarato durante le primarie, e come ha ripetuto mercoledì alla Camera preparando il vertice europeo). «Il vincolo del 3 per cento è già superato» dice infatti Gattei, quindi è inutile preoccuparsi di quello. Il problema è che «l’Italia non potrà rispettare gli obiettivi del fiscal compact e del pareggio di bilancio in Costituzione». Perché se oggi la preoccupazione è restare sotto il 3 per cento di deficit, secondo il piano europeo l’Italia dovrebbe arrivare a produrre «un avanzo primario troppo alto». «Troppi miliardi» che dovrebbero andare ad abbattere il rapporto deficit/pil, per portarci dal 135 per cento previsto per il 2014 al 60 per cento nel 2035. «Anche volendo escludere la possibilità di nuove crisi», dice Gattei numeri alla mano, «pur basandosi su stime ottimistiche di crescita del Pil», l’obiettivo è troppo costoso: «un massacro sociale».

Professore lei pensa che Renzi riuscirà, mantenendo le sue promesse, a stare sotto il 3 per cento di deficit?
«Mi scusi ma temo che il punto non sia questo, la preoccupazione è sbagliata. Perché Renzi sa bene – spero – che dal primo gennaio 2015 il deficit dovrà arrivare allo 0,5 perché così è stato inserito in Costituzione, nell’aprile 2012, da un parlamento inconsapevole».

L’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio.
«Esattamente. Si dice che al massimo si potrà sforare di mezzo punto. E quello che possiamo immaginare, non credendo che Renzi ignori questo fatto, è che quando il presidente del consiglio dice che starà sotto il 3 per cento di deficit stia comunicando all’Europa, in realtà, che non rispetterà questo vincolo successivo ma imminente».

In qualche modo dunque ha ragione Renzi, quando dice che il 3 per cento è un «vincolo anacronistico»…
«Quando dice che bisogna riformare quel vincolo deve sapere che quel vincolo è stato già riformato, aggravandolo. E poi che oltre al pareggio di bilancio, il parlamento inconsapevole ha recepito il fiscal compact in cui viene richiesto di cominciare, sempre dal 2015, a ridurre il debito fino a portarlo al 60 per cento del Pil».

Ed è impossibile?
«Assolutamente impossibile. Quella è la vera tegola che ci cadrà in testa. Dovremo restituire mille miliardi di euro di debito – assumendo che non se ne faccia altro – in venti anni».

I famosi 50 miliardi di euro l’anno.
«Che non saranno 50, però. Perché quando io restituisco un mutuo pago sì l’ammortamento del prestito ma ci sono poi gli interessi che sono una cosa enorme, impraticabile».

Dice che non riusciremo a produrre abbastanza avanzo primario per abbattere il rapporto deficit/pil fino al 60 per cento?
«No, non possiamo farcela, se non con danni sociali incalcolabili, con meno servizi e più tasse. A queste condizioni non ha senso stupirsi dell’ondata di euroscetticismo, perché potrebbe andarci molto peggio. Fu il malessere provocato sull’economia tedesca, quando venne imposto alla Germania dal 1920 di rimborsare i costi della guerra, una delle leve di un signore, Hitler, che ha vinto le elezioni chiedendo anche di stracciare quelle restituzioni».

Voi avete fatto una proiezione. Quanto dovremmo restituire?
«Con Antonio Iero, un consulente finanziario, abbiamo fatto un modellino per simulare il nostro percorso di restituzione del debito. Lo abbiamo impostato su numeri più che ottimistici, e senza considerare eventuali crisi, con una crescita costante del Pil dell’1,6, l’inflazione all’1,5 e i tassi d’interesse al 4 per cento, quindi più bassi di oggi, attendendo un’ulteriore flessione dello spread. Bene: lo stato italiano, dal 2015 in poi, solo per pagare la rata del mutuo più gli interessi, nei primi tre anni, dovrebbe avere un avanzo di 37, 48 e poi 58 miliardi di euro. Solo nel 2021, con un avanzo primario di 81 miliardi, il debito potrebbe smettere di crescere. Nel 2035, alla fine, dovremmo arrivare a 134 miliardi di euro. Non si può pensare di riuscirci».

Dunque Renzi farebbe bene a ignorarli, perché i vincoli europei sono impossibili da rispettare e troppo costosi?
«Ignorarli non può. Ma dovrebbe battersi per modificarli, e non solo per ottenere la possibilità di strappare un po’ sul deficit. Potrebbe ad esempio chiedere di farci pagare solo gli interessi sul debito, una cosa simile a quanto già successo in Italia nel 1926, trasformando il debito redimibile in debito irredimibile, oppure al contrario di rientrare del solo capitale: sarebbe già qualcosa».

Difficile.
«Difficile perché la Merkel sa bene che il nostro debito è prevalentemente estero, e quindi che questo nostro sforzo di restituzione gioverebbe direttamente ad altri, Germania compresa. Questo è il motivo per cui il nostro debito risulta intollerabile, ed è oggetto di speculazioni che lo aggravano, mentre quello del Giappone, ad esempio, che è al quasi esclusivamente debito interno, no, nonostante sia al 200 per cento».

Se non possiamo rispettarlo, si può pensare che il fiscal compact sia lì, come monito, ma che in realtà nessuno abbia intenzione di attivarlo completamente?
«Non lo so. Quello che è però probabile, e che forse dovremmo augurarci, è che i parlamentari italiani, approvandolo, abbiano pensato che così sarebbe stato».

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