Il piano Renzi, una ricetta che non cura

Il piano Renzi, una ricetta che non cura

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Il governo Renzi sta lavo­rando per costruire i primi prov­ve­di­menti a favore di lavoro, scuola e buon fun­zio­na­mento della mac­china pub­blica. Sul tap­peto ci sono pro­blemi enormi e di strut­tura. Se guar­diamo la situa­zione del paese pos­siamo dire solo una cosa: è pro­vato. La più lunga e pro­fonda crisi del capi­ta­li­smo non è finita.
Non dob­biamo mai dimen­ti­care che l’Italia ha perso 150 mld di Pil tra il 2004 e il 2013, il 20% di pro­du­zione indu­striale, cioè 1/5 del pro­prio tes­suto pro­dut­tivo, alzando il tasso di disoc­cu­pa­zione reale al 22% (6 mln di per­sone che in modo o nell’altro lavorerebbero).
Nono­stante l’inefficacia di alcune ricette, che hanno pau­pe­riz­zato troppi gio­vani e fami­glie, le «cure» sono sem­pre le stesse. Per­sino le timide idee di poli­tica indu­striale della prima bozza del Jobs act , sono scom­parse. Molto più comodo rifu­giarsi nel ben oleato retag­gio di tasse, buro­cra­zia e riforme isti­tu­zio­nali. Alla fine il piano shock del governo Renzi non è altro che la ripro­po­si­zione delle solite poli­ti­che eco­no­mi­che dal lato dell’offerta.
Sono tre le pro­po­ste in campo: la ridu­zione del cuneo fiscale per un ammon­tare di 10 mld di euro da desti­nare al lavoro o alle imprese; 2 mld per l’edilizia sco­la­stica; aumento delle risorse finan­ziare per retro­ce­dere i debiti pre­gressi della pub­blica ammi­ni­stra­zione ai privati.Per il lavoro siamo alle solite: affian­care agli attuali con­tratti il nuovo con­tratto di inse­ri­mento a tutele cre­scenti, che per la prima fase con­gela l’articolo 18, sosti­tuendo la rein­te­gra, in caso di licen­zia­mento ingiu­sti­fi­cato, con il paga­mento di un inden­nizzo. Rimane il sospetto che i tec­nici della pre­si­denza del con­si­glio non abbiano ancora preso pos­sesso della mac­china pub­blica. Fac­ciamo una comu­ni­ca­zione di ser­vi­zio: l’articolo 18 è stato pro­fon­da­mente svuo­tato dalla legge For­nero. Sugli ammor­tiz­za­tori sociali, lo schema che sarà pro­po­sto mer­co­ledì dovrebbe avere le seguenti carat­te­ri­sti­che: con­ferma della cassa inte­gra­zione ordi­na­ria e straor­di­na­ria, uti­lizzo «vir­tuoso» della cassa in deroga, intro­du­zione di una inden­nità di disoc­cu­pa­zione «uni­ver­sale» di due anni. Dif­fi­date quando viene uti­liz­zato il ter­mine uni­ver­sa­li­stico — esteso alla pla­tea dei cosid­detti para­su­bor­di­nati e legato alle poli­ti­che attive — per la sem­plice e banale con­sta­ta­zione che lo stato sociale ita­liano è lavo­ri­stico per il lavoro e uni­ver­sa­li­stico per i ser­vizi pub­blici (scuola e sanità). Anche chi uti­lizza la cassa in deroga bene­fi­cerà dello stru­mento. Infatti, la cassa in deroga è desti­nata a scom­pa­rire prima della sua sca­denza natu­rale pre­vi­sta dalla riforma For­nero nel 2015. Il nuovo ammor­tiz­za­tore ammon­te­rebbe a circa 10 mld, la somma di Aspi e mini Aspi (7,5 mld) e cassa in deroga (2,5 mld).Se guar­diamo i prov­ve­di­menti con atten­zione è dif­fi­cile tro­vare qual­cosa di inno­va­tivo e che possa mini­mante con­di­zio­nare il per­corso di cre­scita del paese. Non sarà la ridu­zione delle tasse, Irap o Irpef, a rilan­ciare la domanda di lavoro. Come direbbe Key­nes, non potete aspet­tarvi dei piani di rilan­cio degli inve­sti­menti da parte delle imprese se le aspet­ta­tive sono nega­tive. Alla fine gli inve­sti­menti sono diret­ta­mente pro­por­zio­nali alle aspet­ta­tive di cre­scita del sistema eco­no­mico, non all’aspettativa di una ridu­zione delle tasse. Inol­tre, la minore com­pe­ti­ti­vità delle imprese ita­liane non è attri­bui­bile al costo del lavoro, tra i più bassi a livello di paesi Ocse, piut­to­sto alla bassa pro­dut­ti­vità degli inve­sti­menti delle imprese pri­vate. Pochi lo sanno, ma il rap­porto investimenti/Pil dell’Italia è uguale alla media dei paesi euro­pei (19,4%), ma l’output è pari a 1/5. Forse abbiamo ben altri problemi.Solo per inciso, ricordo che i dipen­denti pub­blici non hanno il rin­novo del con­tratto da tre anni, con una per­dita secca del 10%. Se pro­prio vogliamo rilan­ciare i con­sumi pri­vati, il datore di lavoro Pub­blica Ammi­ni­stra­zione potrebbe almeno aggior­nare le retri­bu­zioni del pub­blico impiego che sono appunto fermi da almeno tre anni.For­tu­na­ta­mente la Com­mis­sione Euro­pea ha respinto l’ipotesi di uti­liz­zare una parte dei fondi strut­tu­rali (32 mld di euro) per ridurre il cuneo fiscale. In realtà la pro­po­sta del governo è di uti­liz­zare tran­si­to­ria­mente le risorse pre­gresse dei fondi strut­tu­rali del 2007–13 non uti­liz­zate, e suc­ces­si­va­mente inte­grate dal ban­co­mat spen­ding review. In que­sto caso è neces­sa­ria una domanda al Governo: ma la spen­ding review quante ini­zia­tive dovrebbe sostenere?La Com­mis­sione ha rispo­sto che i fondi euro­pei ser­vono a creare nuovo lavoro, non a ridurre le tasse. Dif­fi­cile cre­derlo, ma la Com­mis­sione è più socia­li­sta del governo Renzi. Non solo, la Com­mis­sione ha ricor­dato che i fondi euro­pei ser­vono a raf­for­zare l’innovazione tec­no­lo­gica e la com­pe­ti­ti­vità di strut­tura delle imprese.
Non ho la più pal­lida idea di cosa il governo sug­ge­rirà mer­co­ledì. Le indi­scre­zioni sono quello che sono: indi­scre­zioni. Il ven­ta­glio delle pro­po­ste è troppo ampio per essere cre­di­bili, effi­cace e qua­li­fi­cato. Molto più utile sarebbe stato quello di uti­liz­zare le risorse dei fondi strut­tu­rali euro­pei per indu­stria­liz­zare la ricerca e svi­luppo pub­blica, legan­dola all’assunzione di gio­vani lau­reati. Que­sta misura la Com­mis­sione l’avrebbe accet­tata. In ambito euro­peo si poteva chie­dere e otte­nere di più. Per esem­pio, il seme­stre euro­peo ita­liano potrebbe pro­porre uno sfo­ra­mento una tan­tum del vin­colo del 3% di bilan­cio di un punto per­cen­tuale per tutti i paesi in ragione della pro­fon­dità della crisi, finan­ziato con euro­bond acqui­stati dalla Bce, che sareb­bero stati nel tempo ste­ri­liz­zati. Il vin­colo è quello di Europa 2020 e quello del pac­chetto (green eco­nomy) 20–20-20. Una sfida con ben altro spessore


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