Il G7 avverte la Russia «Annettere la Crimea violerebbe la Carta Onu»

by redazione | 13 Marzo 2014 10:43

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BRUXELLES — Non è più solo in Crimea, che brucia la fiamma. Ma potenzialmente in tutta l’Europa dell’Est e sul Baltico, ovunque vi siano Paesi abitati da forti minoranze russofone. La Russia deve fermarsi, avvertono Usa, Germania, Gran Bretagna, Italia, Francia, Giappone e Canada, cioè i Paesi del G7 insieme con i presidenti della Commissione e del Consiglio Europeo: perché «oltre all’impatto sulla sovranità e l’integrità territoriale ucraina, l’annessione della Crimea potrebbe avere gravi implicazioni per l’ordine legale che protegge l’unità e la sovranità di tutti gli Stati».
Sono le parole più dure mai pronunciate dall’Occidente verso Mosca, dalla fine della Guerra fredda in poi. E non è così difficile decifrare i nomi sottintesi fra le righe: Lettonia, Estonia, la stessa Ucraina nella sua parte orientale del Donbass, ai cui confini — secondo voci incontrollabili — Mosca starebbe ammassando altri blindati e truppe. Il referendum convocato per domenica in Crimea, dicono ancora i leader del G7 insieme con José Manuel Barroso ed Herman Van Rompuy, è «illegale, per l’insufficiente preparazione e la presenza intimidatoria di truppe russe. Perciò non ne riconosceremo il risultato. E se la Federazione russa dovesse compiere un simile passo, noi avvieremo azioni ulteriori, individualmente e collettivamente». L’azione di Mosca, aggiungono, viola «chiaramente» i trattati internazionali a cominciare dalla Carta dell’Onu e dal Trattato di Helsinki. Alza la voce anche il presidente francese François Hollande, in una telefonata a Vladimir Putin: un’annessione della Crimea «sarebbe inaccettabile, ma c’è ancora tempo per trattare». Intanto, su invito di Barack Obama, l’attuale premier ucraino Arseni Yatseniuk è volato a Washington, dove è stato ricevuto con tutti gli onori. «Non ci arrenderemo» ha dichiarato Yatseniuk, sostenuto da Obama che ha ribadito: se Mosca va avanti, «pagherà dei costi. Speriamo che la diplomazia eviti il referendum». Il governo di Kiev ha annunciato di non voler intervenire in Crimea e di confidare ancora nell’aiuto occidentale.
Quanto alle «azioni ulteriori» che G7 e Ue preannunciano al Cremlino, sono sanzioni economico-diplomatiche, che già sarebbero state concordate all’unanimità: congelamento degli investimenti e dei depositi russi nelle banche europee, sospensione di ogni preparativo per il prossimo vertice G8 di Sochi, divieti di viaggio nella Ue che colpirebbero una ventina di alti dirigenti russi (ovviamente non il presidente Putin e il suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov, così da mantenere aperto il canale più importante di comunicazione). Il commercio Ue-Russia ha sfiorato i 335 miliardi nel 2012, la Russia è il terzo partner commerciale dell’Ue e l’Ue il primo della Russia: si stima che il 75% degli investimenti diretti stranieri in Russia provengano da Paesi Ue. Presumibilmente, il Cremlino teme quanto l’Europa una riduzione del traffico delle merci: ma sa anche bene che il 30% delle forniture energetiche che alimentano l’Europa provengono da Mosca, e questa è la più potente fra tutte le armi di pressione: «Fortunatamente andiamo verso la primavera e l’estate — commentava ieri un diplomatico di Bruxelles — diversamente, chiudendo i suoi rubinetti, Mosca ci avrebbe preso per la gola». Ma la lettura forse più chiara di quanto sta accadendo, l’ha data il commissario Ue all’Allargamento, Štefan Füle, davanti all’Europarlamento: «La legge russa appena proposta, che prevede ancor più facili annessioni di territori stranieri sulla base di una presunta minaccia alle minoranze russe che vi abitano, e senza un corrispondente trattato con lo Stato confinante, andrà ugualmente contro le leggi e i principi internazionali. E questo non riguarda solo la Crimea, ma è la minaccia più seria al processo di Helsinki che ci sia capitato di vedere finora».
Luigi Offeddu

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