I guarimberos ora sparano: 3 morti

by redazione | 14 Marzo 2014 11:37

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Altre tre per­sone uccise dai cec­chini in Vene­zuela, due civili e un agente della Guar­dia nacio­nal boli­va­riana (Gnb). È suc­cesso a Valen­cia, nello stato Cara­bobo, dove con­ti­nuano le gua­rim­bas di oppo­si­zione: bar­ri­cate di legno, cemento, spaz­za­tura, chiodi a quat­tro punte e trap­pole con fil di ferro steso da un lato all’altro della strada.

Agli incendi e alle deva­sta­zioni, i gruppi oltran­zi­sti ora hanno aggiunto gli omi­cidi mirati, e i morti sono 26. Mer­co­ledì, a un mese dalle pro­te­ste stu­den­te­sche con­tro il governo, esplose il 12 feb­braio, si è avuto un picco di vio­lenza a seguito delle mani­fe­sta­zioni di segno oppo­sto che si sono svolte in tutto il paese.

I foco­lai desta­bi­liz­zanti si sono ridotti di numero, ma gli incap­puc­ciati hanno alzato la posta in alcuni bastioni gover­nati dall’opposizione, quella che ha come unico obiet­tivo la «salida», l’uscita del pre­si­dente Maduro. Una stra­te­gia desta­bi­liz­zante spinta a fondo negli stati in cui gli inte­ressi in gioco sono più forti: nel Tachira, al con­fine con la Colom­bia, fron­tiera di con­trab­bando e mano­vre dei para­mi­li­tari colom­biani. Nel Merida, mag­gior cen­tro uni­ver­si­ta­rio e turi­stico dell’ovest vene­zue­lano. O nel Cara­bobo, sede del prin­ci­pale porto che rifor­ni­sce di ali­menti e pro­dotti il paese e impor­tante snodo auto­stra­dale del centro-nord.

A Cara­cas, le gua­rim­bas o le bat­ti­ture di cas­se­ruole (caze­ro­la­sos) sono esplose nei quar­tieri di classe medio alta, gover­nati dai sin­daci di oppo­si­zione in 4 muni­cipi sui 5 che for­mano la capi­tale. Il ful­cro rimane Cha­cao, e la zona di piazza Alta­mira. Un luogo sim­bolo per l’opposizione, che vi ha impo­stato sem­pre le sue azioni più dure: dalle rivolte di 14 mili­tari con­tro Cha­vez, nel 2002, alle gua­rim­bas del 2004, a quelle odierne. Mer­co­ledì è stata assal­tata e deva­stata la Torre bri­tan­nica, che ospita uffici gover­na­tivi e anche fami­glie in dif­fi­coltà, che aspet­tano l’assegnazione di una casa popolare.

La moto di un Gbn è stata incen­diata, ma il mili­tare è riu­scito a sal­varsi. Un albero seco­lare è stato dato alle fiamme e l’immagine degli incap­puc­ciati che si gode­vano lo spet­ta­colo, seduti su una pan­china di fronte, indi­cava la distanza side­rale tra que­sta parte del paese e le Com­mis­sioni per la pace isti­tuite dal governo in tutto il Vene­zuela. «Stanno com­met­tendo un eco­ci­dio in tutto il paese», ha denun­ciato un gruppo di depu­tati in parlamento.

Per con­tra­stare un pro­getto di paese che intacca i pri­vi­legi, le classi domi­nanti si sono affi­date a un con­glo­me­rato esplo­sivo: di gruppi nazi-fascisti o impor­tati come La mano bianca o Javu, che sono l’equivalente locale dei gruppi a guida Cia come Otpor, visto all’opera durante le rivolte nella ex Jugo­sla­via e anche nelle «pri­ma­vere arabe»; di mano­va­lanza cri­mi­nale (pagata con l’equivalente del sala­rio minimo per una set­ti­mana) o «casi­ni­sti» di vario tipo, venuti a sfo­garsi, secondo l’invito degli ideo­lo­ghi delle gua­rimbe. Vi sono, però, anche resi­dui di un gruppo armato degli anni ’60 come Ban­dera Roja che, dopo un ini­ziale appog­gio al cha­vi­smo, ha deciso di cam­biare casacca per pro­blemi di pol­trone: e ora tenta di trarre van­tag­gio dal disor­dine, in un’improbabile larga intesa di segno ever­sivo. Non se la pren­dono con le cli­ni­che pri­vate, ma con le infra­strut­ture medi­che gra­tuite, di cui tutti si ser­vono, gestite dai medici cubani.

Distrug­gono le case popo­lari in costru­zione, le strut­ture del Metro, aggre­di­scono i lavo­ra­tori e i pic­coli com­mer­cianti, bru­ciano i camion di ali­menti e svuo­tano quelli di carburante.

Il 12 marzo, la destra ha cer­cato di nuovo lo scon­tro di piazza tra gli stu­denti del suo campo e quelli cha­vi­sti, che hanno sfi­lato nella capi­tale. La poli­zia ha impe­dito il con­tatto con scudi e lacri­mo­geni. In un incon­tro con gli stu­denti, che non hanno lesi­nato cri­ti­che ma hanno avan­zato pro­po­ste, alla noti­zia di altri morti, Maduro ha però annun­ciato «misure dra­sti­che con­tro tutti quei set­tori che stanno attac­cando il popolo o ammaz­zan­dolo». Intanto, pro­se­guono i lavori delle Com­mis­sioni per la pace, messe in campo in tutto il paese tra governo e opposizione.

Dal Cile, dove si sono riu­niti i 12 mini­stri degli Esteri, l’organismo regio­nale ha riba­dito l’appoggio al governo legit­timo del Vene­zuela, ha respinto minacce e inge­renze esterne, e ha invi­tato al dia­logo «tutti i demo­cra­tici». Pre­cisa, al riguardo, la dichia­ra­zione della pre­si­dente cilena, Michelle Bache­let: «Non appog­gerò mai azioni con­tro un governo legit­timo, eletto demo­cra­ti­ca­mente». Il segre­ta­rio di Stato Usa Kerry, è invece tor­nato a minac­ciare «san­zioni» se il «dia­logo» auspi­cato dal Washing­ton fallisce

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