by redazione | 17 Marzo 2014 10:17
Questa volta il governo «è andato oltre». Correggere la legge Fornero è giusto, perché quelle regole sono «astratte, giacobine e controproducenti», ma anche i contratti a termine modello Poletti produrranno effetti contrari alle buone intenzioni del ministro: la precarietà aumenterà e i contratti a tempo indeterminato crolleranno. Per Stefano Fassina, ex viceministro Pd all’Economia, il Jobs act «va cambiato a fondo». Annuncia battaglia in Parlamento e assicura che nel suo partito c’è «molta sensibilità sul tema».
Quali sono, secondo lei, i punti da modificare?
«Prima di ragionare sui singoli punti va detto che è sbagliata l’impostazione. Oramai ce lo dicono i numeri: il lavoro non si crea agendo sull’offerta, ma favorendo la domanda aggregata, l’attività produttiva, i consumi e gli investimenti. Qui continuiamo a pensare che per far ripartire una macchina con il serbatoio vuoto basti cambiare l’olio: ma serve la benzina, e la benzina del lavoro è la domanda».
Intanto siamo davanti ad un decreto che liberalizza il contratto a tempo e l’apprendistato. Il governo non lo ritira, cosa può fare il Parlamento?
«Può riscriverlo, partendo dal numero delle proroghe previste per i contratti a termine: permetterne otto in trentasei mesi vuol dire peggiorare drasticamente la qualità della vita dei lavoratori. Devono essere non più di tre».
Il testo abolisce anche l’obbligo di indicare la causale del contratto a termine e d’introdurre pause di 10 o 20 giorni fra un rinnovo e l’altro. Interverrete? «
Va bene eliminare le pause, ma appunto perché non c’è più la causalità, la drastica riduzione delle possibili proroghe è irrinunciabile. Come è necessario ragionare sulle quote: il decreto prevede che, dove non intervengono gli accordi collettivi, ci sia un tetto all’utilizzo dei contratti a termine del 20 per cento sull’organico. Discutiamone, dobbiamo evitare gli abusi».
Come?
«Chiederemo l’istituzione di un’anagrafe pubblica dei rapporti di lavoro e chiederemo anche di introdurre una norma per verificare, ad un anno dall’entrata in vigore, gli effetti prodotti. Temo che il modello-Poletti porti ad un crollo dei contratti a tempo indeterminato: un risultato tragico perché avremmo più precarietà,
meno potere contrattuale per i lavoratori, quindi retribuzioni più basse, minori consumi, ripresa zero».
E le modifiche sull’apprendistato vi stanno bene?
«Per niente: capisco che — per come funziona oggi — la formazione è inefficace e permette sprechi e reati, ma abolire la formazione teorica degli apprendisti vuol dire condannarli ad un impoverimento professionale, proprio in un momento in cui, mai come prima, il mercato cambia continuamente. Né è accettabile l’eliminazione dell’obbligo di stabilizzare almeno il 30 per cento almeno degli apprendisti prima di assumerne altri. Il contratto di apprendistato permette sgravi contributivi fortissimi: perché dovremmo consentire agevolazioni così alte se poi nemmeno 3 apprendisti su 10 saranno assunti? Quel tetto non va toccato, altrimenti non ci sarà nessuna stabilizzazione».
In quanti, nel Pd, la pensano come lei? Quanti sarete a firmare questi emendamenti?
«In tanti. Prima di discuterne nel gruppo e in Commissione lavoro aspettiamo di vedere il testo definitivo, ma nel Pd c’è molta sensibilità sul tema».
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