La «gauche» intollerante e la crisi ideologica francese

by redazione | 21 Marzo 2014 10:01

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La crisi attuale dell’Unione euro­pea non è solo eco­no­mica e finan­zia­ria; è anche, forse anzi­tutto, una crisi politico-ideologica, come ha riba­dito Sla­voj Zizek. Una delle espres­sioni più mani­fe­ste e allar­manti di tale crisi è la pre­senza in Europa di set­tori cre­scenti di opi­nione pub­blica che espri­mono orien­ta­menti intol­le­ranti verso gli altri, di par­titi di stampo popu­li­sta acco­mu­nati da pro­grammi e reto­ri­che anti-immigrati e anti-rom, non­ché di frange aper­ta­mente raz­zi­ste, neo­na­zi­ste, spesso anche omo­fo­bi­che.
Quasi ovun­que la cre­scita dell’area dell’intolleranza è favo­rita dagli effetti sociali della crisi eco­no­mica e dalla frat­tura, sem­pre più pro­fonda, che divide le classi super-agiate dalla mol­ti­tu­dine che com­prende i poveri, i sala­riati, i social­mente declas­sati e coloro che vivono nella paura, fon­data, del declas­sa­mento. Hanno il loro peso anche la crisi della rap­pre­sen­tanza e, in buona misura, ciò che abbiamo defi­nito raz­zi­smo demo­cra­tico, pra­ti­cato da par­titi di cen­tro e finan­che di sini­stra, che cer­cano di ricon­qui­stare popo­la­rità e con­senso elet­to­rale attra­verso la com­pe­ti­zione con la destra.Esem­plare è il caso della Fran­cia attuale, che vede una società sem­pre più seg­men­tata, segnata da dif­fi­coltà cre­scenti di con­vi­venza tra diversi, afflitta da una grave crisi anche iden­ti­ta­ria. Qui la spet­ta­co­lare avan­zata elet­to­rale del Front Natio­nal gui­dato da Marine Le Pen ha inne­scato un pro­cesso di rin­corsa a destra dei par­titi di cen­tro e per­fino di sini­stra sui temi dell’identità nazio­nale, dell’immigrazione, della pre­senza dei rom, del ruolo dell’islam. Le Pen ha avuto la fur­bi­zia d’imbellettare il suo discorso con reto­ri­che quali la difesa della lai­cità e dei valori repub­bli­cani, ren­dendo così più dige­ri­bile il suo pro­gramma, che resta comun­que sostan­zial­mente razzista.
È nel ten­ta­tivo vano di con­tra­stare l’ascesa del Front Natio­nal, sot­traendo ai lepe­ni­sti lo scet­tro sicu­ri­ta­rio, che Nico­las Sar­kozy, fin dall’esordio come pre­si­dente della Repub­blica, indu­ri­sce la poli­tica dell’immigrazione e pro­muove un dibat­tito sull’identità nazio­nale, la cui idea di fondo, impli­cita, è depu­rare la nazione dalle sco­rie degli estranei.La medio­cre pre­si­denza di Sar­kozy all’insegna di legge-e-ordine, ma solo per gli altri (lui è al cen­tro di nume­rosi scan­dali politico-economici), ha lasciato un segno pro­fondo nell’opinione pub­blica e nella classe poli­tica: si pensi alla tor­sione dell’Ump, il suo par­tito, in senso intol­le­rante, in qual­che caso aper­ta­mente raz­zi­sta, e alla poli­tica che poi espri­merà il Par­tito socia­li­sta su que­stioni riguar­danti l’immigrazione e soprat­tutto la “que­stione rom”.
Se si con­si­dera che la popo­la­zione rom pre­sente oggi in Fran­cia non supera le ven­ti­mila per­sone, di cui la metà bam­bini, si può cogliere quanto tale “que­stione” sia gon­fiata ad arte, rin­ver­dendo la dif­fusa osti­lità anti­zi­gana, tratto costi­tu­tivo della sto­ria fran­cese, così come la ten­denza a fare dei rom il capro espiatorio.In par­ti­co­lare, dalla pre­si­denza di Sar­kozy fino a quella di Hol­lande, con­tro i rom sono aumen­tati gli enun­ciati e gli atti raz­zi­sti o comun­que irri­spet­tosi di diritti umani basi­lari: sgom­beri vio­lenti degli inse­dia­menti irre­go­lari, tal­volta sol­le­ci­tati anche da sin­daci di sini­stra o di estrema sini­stra; espul­sioni in massa di per­sone ine­spel­li­bili in quanto cit­ta­dini dell’Unione euro­pea; per­fino attac­chi con acido cor­ro­sivo da parte di “per­sone esa­spe­rate”, nel cuore di Parigi.Men­tre par­teg­giava per la can­cel­la­zione della parola «razza» dalla Costi­tu­zione, il mini­stro dell’Interno, il socia­li­sta Manuel Valls, ria­bi­li­tava il buon vec­chio raz­zi­smo soste­nendo, il 24 set­tem­bre 2013, l’inassimilabilità dei rom; in con­ti­nuità, in fondo, con ciò che un paio di mesi prima aveva osato dichia­rare Gil­les Bour­dou­leix, deputato-sindaco dell’Udi, altro par­tito detto di cen­tro: «Hitler non ne ha uccisi abbastanza».«Si can­cella il nome per far riap­pa­rire l’innominabile», ha osser­vato il filo­sofo Michel Feher in un’intervista per Les Inrocks. Il raz­zi­smo pudico, da ben­pen­santi, dif­fe­ren­zia­li­sta, come lo ave­vamo defi­nito, ormai lascia spesso il posto a quello che si esprime, anche sgua­ia­ta­mente, con attac­chi e insulti raz­zi­sti clas­sici: per esem­pio, quelli con­tro la mini­stra Chri­stiane Tau­bira, scher­nita per­fino da un gruppo di bam­bini agi­tanti banane, aiz­zati da geni­tori ostili al “matri­mo­nio per tutti”.
Intanto, come denun­cia il rap­porto più recente ela­bo­rato dalla Cncdh (Com­mis­sion Natio­nale Con­sul­ta­tive des Droits de l’Homme), l’anno 2012 ha visto, accanto alla pro­gres­sione dell’islamofobia di sem­pre, «un ritorno inquie­tante» dell’antisemitismo e, per il terzo anno con­se­cu­tivo, l’aumento di atti raz­zi­sti con­tro per­sone pre­sunte di reli­gione musul­mana, iden­ti­fi­cate esclu­si­va­mente nei maghrebini,sul fondo di una dif­fu­sione allar­mante della xeno­fo­bia e dell’intolleranza, e della libe­ra­zione pub­blica del discorso razzista.

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