by redazione | 22 Marzo 2014 11:06
I vertici del Pirellone non potevano non sapere. E’ questa l’ultima novità che esce dalle carte dell’inchiesta che ha travolto Infrastrutture lombarde. Il caso rischia di travolgere un intero sistema di potere e di compromettere i lavori già molto in ritardo per Expo 2015. Il governatore Maroni ha promesso di istituire una commissione di inchiesta e di sostituire gli uomini chiave finiti agli arresti entro lunedì. Parlerà anche con il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi. Ma ormai ogni presa di distanza o tentativo di relegare tutto a vicende passate non è in grado di arginare le preoccupazioni di un intero paese che su Expo a puntato moltissimo. La magistratura ha colpito un sistema di potere marcio che però deve contemporaneamente rigenerarsi e non crollare, almeno fino al 2015. Un salto mortale triplo veramente azzardato ma inevitabile che comporta una partita sempre più complessa tra rispetto della legalità e interessi politici e economici. Valgono per tutti le parole del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “A 400 giorni dall’Expo non possiamo perderci in polemiche, iniziative legali e giudiziarie ma dobbiamo concentrarci sull’esecuzione dei lavori. Ferma restando l’assoluta indipendenza della magistratura l’importante è arrivare a Expo nei modi giusti”.
Gli arresti dell’ex direttore generale mai sostituito di Infrastrutture lombarde Antonio Rognoni e di altre sette persone hanno spazzato via alcuni personaggi ancora decisivi per la realizzazione dell’evento. Nell’inchiesta sono implicati anche le figlie del faccendiere Daccò, protagonista degli scandali della sanità lombarda, la dirigente di AreeExpo, la società che gestisce i terreni dell’Expo, e persino l’ex colonnello del Ros Giuseppe De Donno imputato nel processo sulla trattativa Stato-Mafia. Il commissario unico di Expo Giuseppe Sala non potrà più contare nemmeno sul direttore dei lavori sul sito espositivo, Alberto Porro, indagato a piede libero. Sala ieri si è recato in prefettura poi ha incontrato il governatore Maroni e il sindaco Pisapia. Ha precisato che gli arresti non riguardano la società di Expo, si è detto più preoccupato per i tempi di realizzazione dei lavori che per le vicende legali ma non ha potuto negare il grande problema che si è venuto a creare. “Sarei veramente uno sciocco mettendo le mani avanti e dicendo che Expo non viene toccato. Dobbiamo lavorare nel rispetto ella legalità ma non possiamo avere un’ora di ritardo e questo devo garantire”.
Maroni invece, ironia del destino, ha parlato in occasione della giornata per la legalità e in memoria delle vittime di mafia, dove è stato contestato dai consiglieri del Movimento 5 Stelle. Ha continuato a ribadire che la vicenda riguarda la giunta precedente ma non ha potuto fare a meno di parlare del presente e del futuro: “La priorità adesso è evitare che le operazioni che Infrastrutture lombarde faceva su Expo fermino i lavori visto che siamo con tempi piuttosto stretti. Un prospettiva disastrosa paventata anche dal presidente del consiglio regionale lombardo e ex assessore di Formigoni, Raffaele Cattaneo: “C’è un rischio serio perché conosco il ruolo importantissimo che Infrastrutture lombarde ha”. Per Cattaneo ci sarebbe “una sistematica delegittimazione di quanto fatto in 18 anni in regione” e di “intimidamento che bisogna combattere, anche se non viene dalla mafia ma da un potere dello Stato”.
Insomma se Expo rischia è tutta colpa dei magistrati. Di tutt’altro avviso il sindaco Giuliano Pisapia: “Sarei preoccupato se non ci fossero gli arresti, il fatto che invece ci sono mi fa dire che ci sono i controlli”. Quanto basta per far infuriare Formigoni che gli ha risposto con un acido tweet: “Il corvo Pisapia si dice lieto degli arresti! Milanesi chi avete eletto!”. In realtà sono i lombardi che dovrebbero chiedersi perché per vent’anni hanno eletto Formigoni. Nel provvedimento del gip che ha portato agli arresti si parla espressamente di mail che dimostrano la consapevolezza delle “manovre occulte” di Rognoni e soci da parte dei piani alti della Regione allora guidata dal Celeste. Forse a Milano ne erano consapevoli in tanti ma nessuno ha avuto finora la forza di voltare pagina e con Expo alle porte, come dice Maroni, a questo punto “i tempi sono piuttosto stretti”.
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