Dietro la crisi ucraina, i timori di non vendere più gli F35

by redazione | 27 Marzo 2014 9:59

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Certo, l’incontro che oggi Barack Obama avrà con papa Fran­ce­sco segnerà l’appuntamento clou della gior­nata, l’evento atteso dai gior­nali ame­ri­cani e di tutto il mondo, ma quella del pre­si­dente ame­ri­cano è una visita che ha ben poco di spi­ri­tuale. A Roma, come a tutti gli alleati euro­pei, Obama chiede infatti ras­si­cu­ra­zioni sull’entità e l’efficienza delle forze armate dei paesi che ade­ri­scono alla Nato e che adesso, a pre­scin­dere dalla crisi ucraina, vede messa in peri­colo soprat­tutto dai tagli che molti alleati stanno appor­tando ai bilanci della Difesa. Ita­lia com­presa, anzi Ita­lia prima di tutti, visto che il governo Renzi ha annun­ciato come pos­si­bile un nuovo taglio all’acquisto degli F35, il cac­cia­bom­bar­diere che gli Usa stanno cer­cando di piaz­zare in mezzo mondo con sem­pre mag­giori dif­fi­coltà. E que­sto, dopo un primo taglio all’acquisto dei cac­cia fatto dal governo Monti, rap­pre­sen­te­rebbe un ulte­riore duro colpo per l’industria bel­lica ame­ri­cana. Anche per­ché Obama arriva a Roma men­tre pro­prio a casa sua un rap­porto sti­lato dagli ispet­tori del Us govern­ment accoun­ta­bi­lity office, l’organismo ame­ri­cano che vigila sulla spesa pub­blica (anti­ci­pato nei giorni scorsi dall’Espresso) mette in dub­bio pro­prio la con­ve­nienza anche per le forze armate ame­ri­cane dell’acquisto del super caccia.

E forse è pro­prio con que­sti pen­sieri in testa, più che alla crisi che si vive a Kiev e Sim­fe­ro­poli, che ieri a Bru­xel­les Obama ha pre­fe­rito met­tere le mani avanti avver­tendo gli alleati. «Siamo pre­oc­cu­pati per i tagli al bilan­cio della difesa da parte di alcuni Paesi Nato», ha detto il pre­si­dente Usa. «E’ com­pren­si­bile quando c’è una crisi — ha poi aggiunto -, ma la situa­zione in Ucraina ci ricorda che la libertà non è gra­tis, dob­biamo pagare per l’addestramento del personale».

Parole che suo­nano stra­na­mente se si con­si­dera che solo due giorni fa Obama ha ammesso di temere più un attacco ter­ro­ri­stico a Man­hat­tan dei muscoli mostrati in que­sti giorni da Putin, ma che assu­mono un signi­fi­cato par­ti­co­lare se si pensa a quei Paesi che hanno deciso di fare mar­cia indie­tro e non acqui­stare più gli F35. E non solo per motivi eco­no­mici, ma anche per i pro­blemi che il super­cac­cia ame­ri­cano sem­bra por­tare con sé.

E che non passa giorno senza che ven­gano messi in evi­denza. Come fanno gli ispet­tori ame­ri­cani di quella che si può con­si­de­rare la Corte dei conti Usa che hanno indi­vi­duato nel soft­ware che governa il super cac­cia l’ultimo punto debole, tanto che ren­de­rebbe dif­fi­cile quella che è la prin­ci­pale fun­zione di un aereo da guerra, ovvero la sua capa­cità di com­bat­ti­mento. «I pro­blemi che con­ti­nuano a mani­fe­starsi nel soft­ware hanno ral­len­tato i pro­gressi nelle prove in volo dei sistemi di mis­sione, una situa­zione cri­tica per svi­lup­pare le capa­cità di com­bat­ti­mento dell’aereo. Que­sti con­ti­nui ritardi met­tono a rischio la tem­pi­stica e i costi del pro­gramma». Pre­oc­cu­pa­zioni che riguar­de­reb­bero in modo par­ti­co­lare una delle tre ver­sioni pre­vi­ste dall’aereo, quella a decollo ver­ti­cale F35 B di cui l’Italia ha ordi­nato 30 esem­plari per l’impiego sulle por­tae­rei e sulla basi avan­zate. Ine­qui­vo­ca­bili le con­clu­sioni rag­giunte dagli ispet­tori: «Se i test sul soft­ware con­ti­nue­ranno a subire ritardi — scri­vono — se i fondi dispo­ni­bili non baste­ranno per rag­giun­gere i risul­tati o se non si riu­scirà a ridurre il costo di ogni aereo ai prezzi sta­bi­liti. il Dipar­ti­mento della difesa dovrà deci­dere se andare avanti pro­du­cendo aerei con minori capa­cità ope­ra­tive oppure rive­dere il numero degli F35 da costruire anno per anno».

Spinta dalla crisi più che da altro, l’Italia si pre­pa­re­rebbe final­mente ad appor­tare un ulte­riore ridi­men­sio­na­mento al suo ordine di F35, fis­sato ini­zial­mente in 131 esem­plari (ognuno dei quali costa circa 100 milioni di euro) e diven­tati 90 dopo il taglio deciso dal governo Monti. Un pro­blema di cui, c’è da giu­rarci, Obama non man­cherà di discu­tere sem­pre oggi nel corso del suo incon­tro con il pre­mier Mat­teo Renzi.

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