La crisi rallenta l’industria militare nel sud Europa
Analizzando i dati più recenti forniti dal Sipri – Stockholm international peace research institute — si può riscontrare come le politiche di risanamento di bilancio, negli ultimi anni, abbiano influito sensibilmente sull’andamento delle spese militari. A causa della crisi finanziaria la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea fa registrare quote di spesa inferiori rispetto al 2011 e in decremento rispetto a tutto il decennio 2003–2012.
Il Sipri e la maggior parte degli enti di ricerca nel settore considerano la spesa militare come la somma di una serie di spese in conto capitale riguardanti le forze armate, incluse quelle preposte alle operazioni di peacekeeping. A queste si aggiungono poi altre macro voci di costo come quelle relative ad altre agenzie ingaggiate in progetti della difesa, ma anche le forze paramilitari (purché ritenute disponibili per attività militari). Altre voci disaggregate attinenti alla spesa per il personale in servizio militare e civile, per le operazioni di manutenzione, per la ricerca e lo sviluppo di tecnologia militare e per gli aiuti militari completano il quadro.
Se guardiamo ai paesi dell’Ue, sulla base dei dati relativi al 2012, si riscontra un primo gruppo di stati la cui spesa complessiva si attesta attorno ai 30 miliardi di dollari. Si tratta di Francia, Regno Unito, Germania e Italia. Vi è poi un secondo gruppo, costituito dalla maggioranza degli stati dell’Unione, compreso nella fascia tra i 56 milioni di dollari di Malta ai circa 12 miliardi della Spagna. Considerando la configurazione futura dell’Ue, ad aprire il secondo gruppo troveremmo la Turchia, con una spesa militare di 17,9 miliardi di dollari.
La Spagna rientra nel gruppo di paesi europei la cui spesa è di molto inferiore ai 30 miliardi di dollari. Secondo i dati Sipri, negli ultimi cinque anni si è classificata come il settimo esportatore mondiale di tecnologia bellica. Come nel caso italiano però, anche le spese sostenute da Madrid si sono ridotte a causa della crisi finanziaria, passando dai 18,5 miliardi di dollari del 2008 ai circa 12,2 miliardi del 2012. Nel 2004, anno del ritiro della Spagna dalla missione internazionale in Iraq a seguito degli attentati di Madrid, la quota di bilancio destinata agli armamenti e alla difesa era superiore a quella attuale.
Altro caso emblematico tra i Piigs è quello della Grecia. Il pesante piano di rientro imposto ad Atene dalla troika non ha risparmiato nemmeno i piani di aggiornamento e modernizzazione delle forze armate. Le importazioni di armi sono crollate e la Grecia dal quarto posto nella classifica mondiale tra il 2003 e il 2007 è precipitata poi al quindicesimo nel 2012. Un andamento che segue quello dei fondi stanziati per la difesa: prima una drastica impennata da 8 a 11,5 miliardi di dollari fra il 2003 e il 2009, poi una netta flessione nel triennio successivo, fino ai 7 miliardi circa del 2012. Una cifra che, rapportata a una popolazione di appena 11 milioni di abitanti, comporta una spesa pro-capite di 616 dollari, più alta persino di Italia e Germania.
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