Costo lavoro, Italia sotto la media Ue
Secondo i nostri imprenditori l’eccessivo costo del lavoro è tra i principali macigni che impediscono al Paese di crescere, eppure quello italiano non è il più alto in Europa.
Anzi, il costo orario del lavoro italiano nel 2013 non è neanche il più alto dell’Eurozona: è perfettamente in linea, 28,1 euro contro 28,4 della Ue-17. Mentre sarebbe fuorviante confrontarlo con quello della Ue-28, che include Paesi come la Bulgaria, con un costo del lavoro orario di 3,7 euro, o Lituania e Lettonia, di poco sopra ai 6 euro. Le statistiche si riferiscono alle imprese con almeno 10
dipendenti, escluse quelle dei settori agricoltura e pubblica amministrazione. Sommando salario, oneri sociali e tasse del datore di lavoro (escludendo dunque quelle a carico del lavoratore), l’Italia è ampiamente superata da diversi Paesi: Svezia (40 euro), Danimarca (38,4) Belgio (38), Lussemburgo (35,7), Francia (34,3), Olanda (33,2), Austria e Finlandia (31,4), Germania (31,3) e Irlanda (29). C’è di più: il peso del cuneo fiscale a carico del datore di lavoro in percentuale rispetto al salario (28,1%) supera di poco la media dell’Eurozona
(25,9%), ma anche in questo caso all’Italia non spetta alcun primato: la precedono Svezia, Francia e Lituania.
L’Italia non svetta neanche per percentuale di aumento del costo del lavoro: tra il 2008 e il 2013 è cresciuto dell’11,4%, pochissimo di più rispetto all’Eurozona (10,4%). Difficile fare confronti europei generalizzati, visto che ci sono Paesi come la Bulgaria dove la crescita è stata del 44,1%, ma solo perché il costo orario del lavoro in cinque anni è passato da 2,6 a 3,7 euro. Però anche in Paesi dai salari più vicini ai nostri si registrano aumenti di molto superiori alla media: ancora Svezia (26,9%), Austria (18,9%), Finlandia (15,9%), Lussemburgo e Belgio (15,4%).
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