Cannabis contro il dolore, sì del governo anche il medico di base potrà fare la ricetta
Il governo Renzi dà il via libera all’uso della cannabis a scopo terapeutico. E lo fa con un’inversione di rotta rispetto agli esecutivi che l’hanno preceduto. Il Consiglio dei ministri ha deciso ieri di non impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge regionale abruzzese numero 4 del 2014, promulgata lo scorso 4 gennaio, che disciplina i modi in cui i farmaci a base di cannabinoidi possono essere distribuiti con finalità terapeutiche.
Una norma che riguarda sia i prodotti industriali che i “preparati galenici magistrali”, cioè quei medicinali preparati dal farmacista su prescrizione medica. E che, dice la legge regionale, possono essere prescritti anche dai medici di base, sulla scia del piano terapeutico deciso da uno specialista.
La legge abruzzese è considerata una delle più liberali tra quelle varate finora da altre Regioni per regolare l’uso dei principi attivi della cannabis nella terapia farmacologica, così come previsto da un decreto dell’ex ministro della Salute Livia Turco, che nel 2007 ha dato un indirizzo di principio a livello nazionale.
Da allora la prima Regione a promulgare una norma in materia
è nel maggio del 2012 la Toscana, a cui segue pochi mesi dopo la Liguria. Un provvedimento subito impugnato dal governo Monti, a causa di «alcune disposizioni in contrasto con le norme statali di principio in materia di tutela della salute». Rincorrono il Veneto (e ancora una volta il governo Monti impugna la legge) e poi, nel 2013, le Marche, ma solo «in assenza di valide alternative terapeutiche», quindi il Friuli Venezia
Giulia e la Puglia.
Nel modello abruzzese la cura è sempre gratuita e può svolgersi sia negli ospedali (e in strutture assimilabili) sia a casa del paziente. I medicinali, dice il testo, sono acquistati dalla farmacia dell’ospedale o dell’azienda sanitaria a cui appartiene l’assistito e sono a carico del servizio sanitario regionale quando l’inizio del trattamento avviene nelle strutture di cura, anche nel caso in cui la terapia
prosegua a domicilio dopo la dimissione.
L’iter di approvazione è partito lo scorso settembre. La norma era stata promossa nel 2011 dai consiglieri Maurizio Acerbo di Rifondazione comunista e Antonio Sala dei Comunisti italiani, e l’avevano sottoscritta anche i consiglieri Riccardo Chiavaroli e Walter Di Bastiano dell’allora Pdl. «Il nostro è un testo molto avanzato — spiega Acerbo — e il riconoscimento del governo Renzi è positivo perché durante i lavori è venuto fuori un giudizio unanime sulla possibilità di rendere accessibile la cannabis terapeutica ». «Ad altre Regioni — sottolinea Chiavaroli — norme simili sono state bocciate perché fatte male, ma noi abbiamo ascoltato numerosi scienziati ed è venuto fuori un testo all’avanguardia».
Giudizio positivo dal senatore Carlo Giovanardi del Nuovo centrodestra: «Ha fatto bene l’esecutivo a non impugnarla, è una legge in sintonia con la legislazione nazionale». «In Italia l’uso terapeutico di cannabinoidi è pienamente legittimo» ricorda il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. «Le Regioni possono poi decidere di porre il relativo costo a carico del servizio sanitario regionale».
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