Bussi. «Veleni dai rubinetti di 700 mila persone Anche nelle scuole»

by redazione | 27 Marzo 2014 10:15

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ROMA — «Dai, non prenderci in giro, mandaci i campioni di acqua potabile!». Dissero così i colleghi del laboratorio dove un professore universitario, cittadino di Torre de’ Passeri, aveva inviato il liquido prelevato dalle fontanelle pubbliche del paese perché fosse analizzato. Conteneva un’alta concentrazione di sostanze chimiche, tossiche per l’uomo. Ecco perché i biologi pensarono che il loro amico abruzzese scherzasse. Era il 2007, la discarica di Bussi sul Tirino, in provincia di Pescara, aperta negli anni 60-70, era stata appena scoperta da Guardia forestale e Wwf. Diciannove amministratori della vicina fabbrica Montedison sotto accusa per inquinamento e avvelenamento. La Solvay non avrebbe poi messo in sicurezza la fossa abusiva: 8 indagati, 7 dei quali già scagionati.
Il professore si chiese se l’acquedotto a Valle non fosse stato contaminato dalle scorie presenti nel terreno. E la risposta fu positiva. Oggi una perizia dell’Istituto superiore di sanità, depositata in Corte d’appello durante il processo presso la Corte d’assise di Chieti, conferma i tragici sospetti. Le acque inquinate dalla discarica sono state «un pericolo per la salute umana di circa 700 mila cittadini» che le hanno consumate almeno dal 2004 al 2007, quando vennero chiusi i pozzi incriminati. Nel sito sono state interrate circa 250 mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali della produzione di cloro, soda, varechina, formaldeide, percolati, cloruro di vinile, tricloroetilene e cloruro di ammonio. La falda acquifera sottostante ha assorbito questi veleni che l’acquedotto ha portato fino ai rubinetti degli abitanti della Val Pescara.
La relazione è stata presentata dall’Avvocatura dello Stato che difende il ministero dell’Ambiente, parte civile nel processo. I dati sono stati anticipati dal quotidiano «Il Centro». Un rapporto choccante. Per anni «l’acqua contaminata è stata distribuita in un vasto territorio senza controllo, anche a scuole e ospedali». L’Istituto superiore di sanità denuncia «la mancanza di informazione sulla presenza di una molteplicità di sostanze pericolose e tossiche e ciò ha pregiudicato la possibilità di effettuare nel tempo trattamenti adeguati». Luciano Di Tizio, presidente di Wwf Abruzzo: «Questi dati sconcertanti per noi non sono una novità. Lo gridavamo da tempo. Ora serve un’indagine epidemiologica per vedere quanti sono i danneggiati. La zona deve essere bonificata».
La senatrice Pd Stefania Pezzopane è stata eletta nel collegio dell’Aquila e il problema lo conosce bene. Anche prima di entrare in Parlamento ha convinto rappresentanti delle due Camere a firmare interrogazioni sullo scandalo Bussi. Ne ha presentata una lei la scorsa settimana e lunedì scorso, senza conoscere i dati del rapporto, è intervenuta con vigore in Aula, a fine seduta: «Nessun governo ha mai risposto. Si rende conto? L’Abruzzo ha un milione di abitanti, almeno 700 mila hanno bevuto quei veleni. Il giudice Casson ha appoggiato tutte le mie iniziative».
Patrizia Hrelia, presidente della Società italiana di tossicologia, premette che bisognerebbe valutare la concentrazione di ciascun agente chimico «ma non c’è dubbio sugli effetti di questi composti su diversi organi specie in donne incinte e bambini, i più vulnerabili. Lo spettro di attività di ogni molecola è diverso e varia in relazione ad altre circostanze, ad esempio gli stili di vita e i fattori ambientali».
Margherita De Bac

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