Affondata la parità di genere La rivolta delle donne del Pd

Affondata la parità di genere La rivolta delle donne del Pd

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ROMA — Sulla parità dei sessi in politica, o quantomeno sulla non discriminazione di genere nelle liste elettorali, il Parlamento italiano non crede nelle donne. E come era prevedibile, dopo la richiesta di voto segreto avanzata da Forza Italia, la Camera ha bocciato uno dopo l’altro gli emendamenti trasversali presentati per colorare un po’ di rosa le mini liste bloccate previste dall’Italicum.
Il fronte del no — anche alla proposta di riservare almeno il 40% dei posti di capilista a uno dei due sessi — ha cementato l’opposizione dura e pura di Forza Italia e più di 100 «vietcong» del Partito democratico che, a volto coperto, hanno affondato anche i tre emendamenti che portavano come prima firma quella della compagna di partito Roberta Agostini. I tre voti segreti, dunque, sono finiti con la sconfitta del fronte delle donne: 335 a 227, 344 a 214 e 298 a 253. Da solo il Pd, che si era schierato a favore della parità di genere, avrebbe potuto fare meglio con i suoi 293 deputati. Una mano contro le donne, poi, l’hanno data anche i grillini che si sono schierati contro la parità di genere stabilita per legge. Invece il governo, con la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi (Pd), è rimasto neutrale «rimettendosi all’Aula».
La legge elettorale, dunque, continua a viaggiare secondo quanto stabilito dall’accordo Renzi-Berlusconi che non prevedeva concessioni alla rappresentanza di genere. Tanto da permettere in teoria, con un trucco contabile, l’assegnazione dei posti da capolista nei 120 collegi tutti allo stesso sesso.
Nel Pd di Matteo Renzi è così deflagrata la protesta delle 101 deputate che accusano di «alto tradimento» molti dei 192 colleghi di partito. Le donne del Pd, che hanno aderito alla proposta delle colleghe di Forza Italia di indossare qualcosa di bianco per marcare il punto della parità di genere, hanno abbandonato l’Aula dopo aver incassato tre no consecutivi agli emendamenti Agostini appoggiati pure da alcune donne di Forza Italia (Prestigiacomo, Ravetto, Polverini, Carfagna). Le autoconvocate del Pd hanno chiesto al capogruppo Roberto Speranza una riunione straordinaria dei deputati Dem, ma si sono dovute accontentare della rassicurazioni del premier nonché segretario democratico, Matteo Renzi: «Il Pd rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere. Ma rispetta anche l’impegno sancito dalla direzione su proposta del segretario: nelle liste democratiche l’alternanza sarà assicurata». Resta da vedere, però, come verranno ripartiti nel Pd i primi e i secondi posti in lista (gli unici che contano nell’Italicum). Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, quella sulla parità di genere è «un’occasione persa»: «Rispetto il voto ma non posso negare la mia profonda amarezza».
La seduta riprende oggi alle 10 quando mancano ancora una manciata di scrutini segreti prima del voto finale che, a questo punto, potrebbe slittare a domani. Dopo il colpo inferto dal fronte dei maschi — che cementa l’accordo sull’Italicum siglato da Renzi, Berlusconi e Alfano — la «maggioranza» teme colpi di coda. Mancano all’appello alcuni voti a rischio: tra gli altri quello sulle preferenze (La Russa) e quello sulla norma di salvaguardia che vincola l’entrata in vigore della legge alla riforma del Senato (Lauricella).
Dino Martirano


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