La Camera affossa l’amnistia

La Camera affossa l’amnistia

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Cin­que mesi a bagno­ma­ria, mezza gior­nata di svo­gliata cucina veloce e il pro­blema del mes­sag­gio alle camere inviato da Gior­gio Napo­li­tano l’8 otto­bre scorso è risolto. Dopo quasi tre anni di moniti e grida d’allarme sulla «pre­po­tente urgenza» del sovraf­fol­la­mento car­ce­ra­rio, la Camera ha liqui­dato ieri l’invito del capo dello Stato a ricor­rere a prov­ve­di­menti di amni­stia e indulto per ripri­sti­nare la con­di­zione di lega­lità del sistema giu­di­zia­rio, con poche righe inse­rite in una rela­zione messa a punto dalla com­mis­sione Giu­sti­zia e appro­vata in Aula dalla mag­gio­ranza dei depu­tati (325 sì, 107 con­trari e 42 aste­nuti) in cui si dà sem­pli­ce­mente atto dello stu­dio sulle con­se­guenze di un even­tuale prov­ve­di­mento di cle­menza gene­ra­liz­zata.
Boc­ciate invece, col parere con­tra­rio del governo espresso dal vice­mi­ni­stro di Giu­sti­zia Enrico Costa del Ncd, le altre riso­lu­zioni più net­ta­mente favo­re­voli all’amnistia e all’indulto. Ma soprat­tutto, con il no espli­cito della respon­sa­bile giu­sti­zia del Pd, Ales­sia Morani, che con­ferma la linea di Mat­teo Renzi, è ormai evi­dente che «una mag­gio­ranza per i prov­ve­di­menti di cle­menza non c’è», come fa notare il depu­tato Daniele Farina di Sel.«Abbiate il corag­gio di dire – scan­di­sce in Aula Farina – che non si farà né amni­stia né indulto: fate capire al pre­si­dente della Repub­blica che ci avete messo una pie­tra sopra». Fuori, in piazza Mon­te­ci­to­rio, a pro­te­stare con­tro la mala piega che ha preso il dibat­tito par­la­men­tare c’è anche un pic­colo gruppo di Radi­cali capi­ta­nati da Marco Pan­nella e da Rita Ber­nar­dini. «La rela­zione della com­mis­sione Giu­sti­zia letta dalla pre­si­dente del Pd Dona­tella Fer­ranti è di fatto un fil­tro — attacca la segre­ta­ria di Radi­cali ita­liani – dove si dimen­tica di dire che le riforme strut­tu­rali che il capo dello Stato ha indi­cato val­gono per il futuro men­tre per il pre­sente non c’è che un prov­ve­di­mento di cle­menza. Nella rela­zione – aggiunge Ber­nar­dini – non si valu­tano indulto e amni­stia, ci si limita a dire con sta­ti­sti­che nean­che pre­cise di quelli che sono rien­trati in car­cere dopo l’indulto del 2006, ma omet­tendo di para­go­narli a quelli che invece non avendo usu­fruito di alcun prov­ve­di­mento di cle­menza reci­di­vano più del dop­pio».
Para­dos­sal­mente invece i prov­ve­di­menti cle­men­ziali erano invo­cati aper­ta­mente nella riso­lu­zione di Forza Ita­lia che però infi­lava tra le misure più urgenti l’agognata «riforma del sistema delle inter­cet­ta­zioni tele­fo­ni­che». La boc­cia­tura della riso­lu­zione ha dato l’occasione per un po’ di sana lotta inte­stina (via stampa par­la­men­tare) tra i depu­tati di Renato Bru­netta – che hanno rin­fac­ciato al vice­mi­ni­stro Costa di «rin­ne­gare il pro­gramma elet­to­rale con cui Alfano è stato eletto» – e i cugini del Ncd che hanno lasciato agli atti delle cro­na­che «il banco vuoto» del capo­gruppo di Forza Ita­lia al momento deci­sivo del voto.Messe da parte le note di colore, rimane il chia­ro­scuro dell’intervento di Morani: «Il Pd ritiene i prov­ve­di­menti di cle­menza inef­fi­caci. La via della cle­menza è un alibi per la poli­tica che non vuole fare scelte strut­tu­rali», ha detto in Aula la respon­sa­bile di Giu­sti­zia demo­cra­tica che ha elen­cato le azioni da intra­pren­dere per affron­tare la que­stione a tutto tondo «e non solo l’emergenza car­ce­ra­ria», par­tendo da quella «situa­zione intol­le­ra­bile del 40% dei dete­nuti in car­ce­ra­zione pre­ven­tiva».
Per Morani si deve per esem­pio pen­sare a far scon­tare la pena nei Paesi d’origine ai cit­ta­dini stra­nieri; rive­dere la nor­ma­tiva sullo spac­cio; desti­nare risorse ai Sert, per il lavoro in car­cere, per gli assi­stenti sociali e gli edu­ca­tori, o per la poli­zia peni­ten­zia­ria in con­ti­nua carenza di organico.È, in estrema sin­tesi, anche la via trac­ciata da Fer­ranti nella rela­zione della com­mis­sione Giu­sti­zia per arri­vare almeno con una parte di com­piti a casa fatti all’appuntamento del 28 mag­gio con la Corte euro­pea dei diritti umani. Il lavoro sarebbe in alto mare se non ci fosse stata la Corte costi­tu­zio­nale che ha boc­ciato la legge Fini-Giovanardi sulle dro­ghe e ha per­messo così un ral­len­ta­mento di fatto degli ingressi in car­cere, visto che uno su tre dei dete­nuti attuali è den­tro per quelle norme inco­sti­tu­zio­nali. Un’altra serie di pic­coli inter­venti cor­ret­tivi è con­te­nuta nel decreto Can­cel­lieri appena varato in Par­la­mento e nei pros­simi mesi è pre­vi­sto il recu­pero di alcune migliaia di posti letto rego­la­men­tari indi­spo­ni­bili attual­mente per ristrut­tu­ra­zioni edi­li­zie in atto. Sarà così che si cer­cherà di otte­nere da Stra­sburgo almeno un rin­vio al ter­mine ultimo per ottem­pe­rare a quanto sta­bi­lito dalla sen­tenza Tor­reg­giani. La spe­ranza, rin­vi­go­rita dai con­tatti finora avuti tra i Guar­da­si­gilli ita­liani e il pre­si­dente della Corte euro­pea Dean Spiel­mann, è di poter così evi­tare il ricorso all’amnistia e all’indulto.



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