Torna la crescita, dopo due anni Moody’s migliora il giudizio sull’Italia

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ROMA — Borsa ai massimi, Btp ai minimi: i mercati hanno salutato così, con palese entusiasmo, il cambio di governo. E in serata Moody’s ha promosso l’Italia migliorando da «negative» a «stabili» le aspettative (outlook) e confermando il rating sul debito al livello Baa2. Una valutazione, quest’ultima, conclusa il 10 febbraio e comunicata ieri, come da calendario. La nota dell’agenzia registra comunque le dimissioni di Enrico Letta e sottolinea che «le attese sulla designazione di Matteo Renzi alla guida del governo non cambiano le previsioni di Moody’s» sulla tenuta dei conti pubblici. Per il 2014 l’agenzia di rating stima un rapporto debito-Pil che tocca il picco appena sotto quota 135% nel suo scenario base, ed evidenzia la rafforzata capacità di fare fronte al debito pubblico grazie anche al miglioramento delle condizioni di mercato.
Sempre ieri l’Istat ha annunciato la prima variazione positiva del Pil, Prodotto interno lordo, dopo 9 trimestri di calo. Il debito pubblico, poi, inusualmente non ha fatto emergere un nuovo record ma una, seppure piccola e stagionale, contrazione. Non c’è che dire il tragitto di Matteo Renzi, verso Palazzo Chigi, per sostituire Enrico Letta che ieri si è dimesso, nasce sotto una buona stella. Era tempo che non si vedevano tutte assieme tante notizie positive in campo economico. Certo non tutte dello stesso valore, e non tutte collegabili alle vicende politiche di giornata, ma il segnale, per ora, è di quelli che indicano fortuna e la cosa non guasta.
Piazza Affari e titoli pubblici, per iniziare. In questo caso le vicende politiche e l’avvicendamento alla guida dell’esecutivo non sono state estranee al comportamento degli investitori. In un contesto positivo per tutti i listini europei spinti dai dati sulla fiducia dei consumatori Usa e dall’aumento del Pil dell’eurozona, la Borsa di Milano ha registrato il guadagno più alto dell’1,62% a 20.436,47 punti, ai massimi da tre anni.
Lo spread tra i rendimenti dei Btp decennali e Bund tedeschi di uguale durata, è tornato a scendere sotto quota 200 chiudendo poi a questo livello con il titolo italiano in miglioramento al 3,68% e con l’intera curva delle scadenze in riduzione. Ad influire sul mood degli investitori è stata la prospettiva di una rapida formazione del nuovo governo. Anche se le maggiori istituzioni finanziarie estere, nei loro rapporti raccolti da Bloomberg — da Nomura a Citigroup — puntano molto sulla capacità di Renzi e del suo governo a completare le riforme.
Certamente sui mercati ieri ha influito l’andamento positivo del Pil in Europa in dicembre. Per l’Italia la notizia è stata particolarmente significativa perché il progresso dello 0,1% rappresenta il primo accenno di ripresa dal secondo trimestre del 2011 e la speranza che la recessione sia finalmente finita. È il segnale che aspettavano Letta e il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e che è arrivato invece a salutare l’arrivo del nuovo esecutivo targato Renzi. Un segnale peraltro molto flebile soprattutto se si rapporta a quello della Francia che a dicembre ha registrato un passo avanti del Pil dello 0,3% e della Germania in progresso dello 0,4% mentre il Prodotto dell’Eurozona è salito nella media dello 0,3%. Il dato positivo di dicembre, poi, non cambia il dato complessivo del 2013 che si è chiuso con un Pil in calo dell’1,9% portando il costo della crisi, dal 2008, a quasi 9 punti percentuali, secondo i calcoli della Banca d’Italia.
Da Palazzo Koch ieri è arrivato il dato sul debito pubblico che a dicembre invece di far registrare l’ennesimo record è sceso di 36,5 miliardi rispetto a novembre, attestandosi a 2.067,5 miliardi di euro, comunque 78 miliardi in più di fine 2012. Quanto alle entrate fiscali hanno segnato nel 2013 — sono ancora i dati di Bankitalia — un leggerissimo aumento dello 0,26% rispetto al 2012.
Il ministero dell’Economia e delle finanze ha invece reso noti i dati di sintesi del conto del settore statale del mese di dicembre che ha registrato un avanzo di 14,474 miliardi. In particolare, le entrate sono ammontate a 119,386 miliardi mentre le spese a 104,912 miliardi (di cui 6,788 miliardi le spese per interessi).
Stefania Tamburello


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