by Sergio Segio | 13 Febbraio 2014 17:29
ROMA – Aumentano gli stranieri accolti nel sistema Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, dal 2014 aumenteranno anche i posti disponibili nei comuni italiani, ma il vero problema da risolvere sono i tempi delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale per i richiedenti. È quanto ha spiegato Daniela Di Capua, direttrice del Servizio centrale dello Sprar durante la presentazione del Rapporto annuale Sprar tenutasi questa mattina presso la sede dell’Anci a Roma. Dai dati forniti dal rapporto, emerge come il numero delle persone accolte nella rete Sprar sia aumentato da 7.598 dal 2011 a 7.823 nel 2012 per arrivare ad un parziale del 2013 che supera le 12 mila unità. Cresce, inoltre, la capienza della rete di accoglienza. Se nel 2012 i posti della rete erano 3 mila a cui si sono aggiunti altri 816 attivati con risorse straordinarie della Protezione civile e altri 163 con le risorse dell’8 per mille per un totale di 3.979 posti. Nel 2013, invece, i posti resi disponibili sono stati 9.356. Un allargamento della rete che continuerà anche per il triennio 2014-2016 che porterà la rete a 13 mila posti già finanziati, con altri 6.490 aggiuntivi attivabili qualora necessario, per un totale di 19.510 posti.
Per Di Capua, numeri “sufficienti dal punto di vista quantitativo”, ma che potrebbero non bastare qualora non dovessero cambiare i tempi delle procedure di riconoscimento della protezione per i richiedenti protezione internazionale. Il nodo dei tempi, spiega Di Capua, è essenziale perché negli anni è cambiata la tipologia di persone accolte nella rete. I dati del rapporto, infatti, mostrano in dettaglio solo la popolazione del 2012, dove il 30 per cento degli accolti era richiedente protezione internazionale, cresciuti del 2 per cento rispetto al 2011. “Il fatto che il ministero stia utilizzando lo Sprar come primo luogo di accoglienza – spiega Di Capua -, fa sì che in questo momento abbiamo più richiedenti asilo che titolari di protezione nei nostri centri. Questo fa sì che tutto il percorso dell’integrazione si allunghi. Se non si interviene sulle procedure e sui tempi, il sistema diventerà insufficiente”. Per Di Capua, “i tempi incidono fortemente su quelli di accoglienza e quindi sulla possibilità di lasciare il posto libero ad altri. L’obiettivo dovrebbe essere quello di semplificare le procedure per investire sul percorso di uscita dall’accoglienza. Se invece passa un anno per l’attesa di una risposta da parte della commissione, i costi diventano molto elevati e il sistema diventa insufficiente nonostante sia così ampio”.
Tempi che pesano anche sulla riuscita dei percorsi di integrazione per gli ospiti della rete Sprar, che, uniti al contesto di crisi occupazionale e economica italiano, diventano un ulteriore limite per l’effettiva capienza delle strutture. “Prima del 2012 la percentuale di persone uscite dal sistema Sprar per motivi di integrazione era più alta – spiega Di Capua -, cioè era più alto il numero di chi riusciva a trovare un lavoro e a volte anche una casa. Questo dato, negli anni precedenti, era arrivato anche al 47 per cento. Poi il dato è calato fino al 2012, fino al 38 per cento. Nel 2013 questo dato peggiorerà, non tanto per la crisi occupazionale, quanto perché abbiamo cominciato ad accogliere in larga maggioranza richiedenti asilo rispetto a prima che accoglievamo in maggioranza titolari di protezione internazionale. Questo fa la differenza rispetto all’effettiva possibilità di trovare un lavoro e rendersi indipendenti”.(ga)
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