Regge la tregua umanitaria a Homs, massacri del resto del Paese
Da “Ginevra 2” non giungono segnali di vita ma l’assenza di qualsiasi risultato al tavolo delle trattative non ha avuto (ancora) conseguenze per la “tregua umanitaria” a Homs proclamata da esercito governativo e ribelli. Ieri sono riprese le operazioni di consegna degli aiuti umanitari e di evacuazione dei civili dalla città vecchia. Il governatore di Homs, Talal Barazi, ha riferito che «…del cibo è potuto entrare…i mezzi che lo hanno trasportato hanno evacuato dei civili».
Nessuna tregua nel resto del Paese dove le forze lealiste e i miliziani dell’opposizione continuano a compiere stragi. Un centinaio di persone, tra cui molti civili, sono state uccise negli ultimi giorni in massacri a sfondo religioso nella Siria centrale. Secondo bilanci dell’una e dell’altra parte, non verificabili in maniera indipendente, tra sabato e domenica scorsa sono state uccise 116 persone. Tra 21 e 42 quattro giorni fa nel villaggio alawita — branca dello sciismo a cui appartiene lo stesso presidente siriano Bashar Assad — di Maan, a nord-est di Hama, attaccato da jihadisti sunniti. Altri 35 siriani sono stati massacrati l’8 febbraio a Sawran, a maggioranza sunnita, da milizie filo-regime. Infine 16 persone, tra cui donne e bambini, sarebbero state uccise nel villaggio di Jamala, attaccato da forze lealiste. Un fiume di sangue che si aggiunge alle vittime quotidiane di scontri a fuoco e bombardamenti aerei. In queste ore si combatte con violenza intorno a Yabroud, vicino al confine con il Libano, ultima roccaforte di jihadisti del Fronte al Nusra nella zona montagnosa di Qalamoun. La caduta del vicino villaggio Jarajir ha messo le truppe governative, appoggiate da combattenti libanesi di Hezbollah, nella condizione di portare a compimento l’offensiva lanciata a dicembre in questa area strategica del Paese.
I civili evacuati da Homs, 1.200 sino ad oggi, sono in gravi condizioni soprattutto a causa della mancanza di cibo e medicine. «Ci sono bambini là fuori ed è davvero straziante, questa è la prima volta che vedono una banana», ha detto Khaled Erksouss, capo delle operazioni della Mezzaluna Rossa siriana. Almeno altri mille bambini sarebbero ancora intrappolati a Homs. L’Unhrc, l’agenzia dell’Onu che assiste i rifugiati, ha denunciato il fermo da parte dell’esercito di una quarantina di uomini evacuati dalla città: due di loro sono stati rilasciati, gli altri sono ancora nelle mani delle autorità. Intanto si affaccia qualche speranza anche per il campo profughi palestinese di Yarmouk, sotto assedio dell’esercito da molti mesi. Sarebbe stato raggiunto un accordo che prevede la consegna delle armi a un comitato speciale, il ritorno alla neutralità di Yarmouk e l’uscita dal campo dei militanti del Fronte al Nusra. I miliziani palestinesi dovrebbero spostarsi in un’altra area del campo. L’esercito governativo da parte sua si sarebbe impegnato a togliere il blocco del campo, attuato a partire dallo scorso luglio per impedire la fuga dei jihadisti ma che si è rivelato devastante per 18 mila civili palestinesi rimasti a Yarmouk senza cibo e assistenza medica. I morti per fame sono stati decine.
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