by Sergio Segio | 17 Febbraio 2014 10:22
FIRENZE — «Lasciamo che tutti si sfoghino in queste ore. La partita vera comincia dopo e si giocherà nei primi tre mesi, con le proposte concrete». Matteo Renzi non è tipo da tirarsi indietro alle prime difficoltà e con i suoi sfoggia un ottimismo non di facciata. Anche perché davvero la partita comincia ora. Per la precisione alle 10.30 di questa mattina, quando Renzi varcherà la soglia del Quirinale, convocato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Un giorno importante, la svolta tanto attesa dal segretario del Partito democratico e accelerata dalla staffetta che ha messo da parte Enrico Letta. Dopo il prevedibile conferimento dell’incarico, cominceranno le consultazioni ufficiali. Non saranno incontri lampo, perché i problemi sono tanti e ogni giorno spuntano nuove difficoltà. Il Nuovo centrodestra fa pressione per avere tre uomini nella squadra e c’è il nodo del ruolo per Angelino Alfano, tra vicepremier e ministro dell’Interno. Ma non sono solo poltrone, c’è anche una questione di programma (Alfano vuole un patto alla tedesca, scritto nero su bianco). E anche per questo ieri Maria Elena Boschi (in predicato per un ministero o un altro incarico importante) ha certificato la frenata: «Sono giornate decisive. Sono stati chiesti tempi non particolarmente accelerati. Prenderemo qualche giorno, e non resta che aspettare domani». Insomma, difficile che il giuramento avvenga prima di venerdì.
Ieri Renzi ha cominciato la sua giornata a casa, a Pontassieve. A bordo di una Smart (stavolta bianca) ha raggiunto la moglie Agnese a messa e ha fatto la comunione. Poi l’incontro con Diego Della Valle, «patron» della Fiorentina, che gli ha dato qualche suggerimento su come procedere. E con il quale ha parlato dell’ultima pratica fiorentina da sbrigare, il nuovo stadio di calcio, che sembra finalmente in arrivo. Dopo pranzo l’arrivo a Roma, in auto. Era filtrata l’ipotesi di un incontro con Alfano, ma alla fine è stata smentita. Anche perché la pubblicizzazione dell’incontro rischiava di trasformarsi in una drammatizzazione controproducente.
Renzi sta piazzando le pedine del suo governo e il compito appare più arduo del previsto. Difficile far quadrare l’esigenza di un vento di novità, con le richieste dei partiti. Ma tutto si appianerà, dice ai suoi, convinto che Alfano non possa tirare troppo la corda: «Non sono preoccupato». È convinto anche di poter persuadere tutti ad aiutarlo nell’impresa. Compito difficile, certo, ma non per chi è dotato di «ambizione smisurata». Quella, appunto, di far uscire l’Italia dalla palude.
Renzi liquida come «sfoghi» le dichiarazioni di chi tira la corda per avere una poltrona in più o uno spazio più importante nell’esecutivo. E promette: «Nei primi tre mesi dobbiamo davvero fare la rivoluzione. Solo allora si capirà perché abbiamo accelerato».
Renzi vuole fare in fretta e prima sarà pronta la squadra di governo, prima riuscirà a partire con la «rivoluzione». Per questo sta accelerando i colloqui, d’intesa con Graziano Delrio, il suo braccio destro e futuro sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E per questo poco prima dell’appuntamento al Quirinale, questa mattina alle 8, incontrerà Luca Cordero di Montezemolo, al quale offrirà il ministero dello Sviluppo economico.
Resta da individuare il nome forse più importante, quello del ministro dell’Economia. Ma in questa decisione Renzi non è solo e i contatti con le istituzioni e la Bce servono a trovare un nome non solo gradito ai partner di governo, ma anche spendibile in chiave internazionale e con le istituzioni finanziarie.
Alessandro Trocino
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