by Sergio Segio | 15 Febbraio 2014 7:56
ROMA — Snello ma non troppo. In tempi non molto lontani, nel novembre 2012, Matteo Renzi aveva annunciato che il suo ipotetico governo avrebbe avuto solo dieci ministri, cinque uomini e cinque donne. Ora il realismo gli impone di rimpolpare la squadra, anche se l’obiettivo è quello di restare tra i 14 e i 16 (comunque sotto i 21 di Letta). Bisogna tenere insieme tutto: le esigenze degli alleati, le convenienze politiche, i doveri istituzionali, l’ansia di novità e il rispetto delle competenze. Un gioco a incastri difficilissimo, oggetto di una trattativa serrata, che vede come punto fermo Graziano Delrio, nel ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Per il resto, se Renzi fosse incaricato domani, si terrebbe libero per tre o quattro giorni prima di andare a giurare.
Proprio con Delrio ieri c’è stato un colloquio durato oltre due ore, nel quale si è parlato anche della squadra. Nulla di deciso e i nomi che circolano sono da prendere con le molle. Renzi ha abituato tutti alle sorprese e non conferma nulla. Anzi, a chi glielo chiede, risponde: «Quando leggo il totoministri sui giornali me la rido».
Ma i nomi circolano e sono oggetto di trattativa tra i partiti. Il primo elemento di cui Renzi dovrà tener conto è il tasso di novità. Una quota di ministri dovrà, per forza di cose, sopravvivere al vecchio esecutivo. E un’altra quota verrà portata in grazioso dono dagli alleati. Resta poco margine per le sorprese che tutti si aspettano. Ma Renzi è deciso a non farsi sopraffare. E così dovrà sfoltire qualcuno dei nomi di ministri che si dice che restino: Emma Bonino (Esteri) e Andrea Orlando (Ambiente), ma anche Beatrice Lorenzin (Salute) e Maurizio Lupi (Infrastrutture e Trasporti), che sono entrambi del Nuovo centrodestra. Non saranno della partita né Gianni Cuperlo, né Matteo Orfini. C’è da piazzare anche Dario Franceschini, tra i più importanti sponsor del governo. E naturalmente Angelino Alfano, che potrebbe essere solo vicepremier, oppure restare al Viminale.
Poi c’è il fondamentale pacchetto dei ministeri economici. Qui i nomi forti sono Lucrezia Reichlin (Economia) e Andrea Guerra. Ma seguono a una spanna Vittorio Colao, Tito Boeri, Pier Carlo Padoan e Lorenzo Bini Smaghi.
Tra i fedelissimi di Renzi, è sicura la presenza di Maria Elena Boschi. L’incarico più coerente sarebbe quello alle Riforme, ma qualche malumore interno potrebbe farle cambiare ruolo e farla traslocare, si dice, alla Cultura. Perdono terreno, nei rumors, le guest star Oscar Farinetti e Alessandro Baricco. Mentre alla Difesa se la giocano Emanuele Fiano e Roberta Pinotti, con un’ipotesi Arturo Parisi sullo sfondo. Al Lavoro i candidati sono Tito Boeri e Guglielmo Epifani (con terza incomoda Marianna Madia). Alla Giustizia il centrista Michele Vietti, ma si parla anche dell’ex ministro Paola Severino. Tra i nomi che si fanno per la prima volta c’è anche quello di Luca Cordero di Montezemolo, indicato dall’agenzia Lapresse come possibile titolare dello Sviluppo economico. In alternativa si parla anche dell’attuale viceministro Carlo Calenda (Sc), tra i fondatori di Italia Futura. Partita difficile quella di Scelta civica, che avrebbe diritto a una sola poltrona. Stefania Giannini, segretario del partito, è indicata all’Istruzione. Lei minimizza: «Telefonate? A me non sono arrivate, ma qui al Senato c’è poco campo…». In realtà ci sono altri centristi in corsa. Come Andrea Romano e Pietro Ichino (Lavoro). E tra i nomi spuntati all’ultimo minuto ci sono quelli di Andrea Mazziotti Di Celso, costituzionalista (alla Giustizia) e di Paolo Vitelli (allo Sviluppo economico). Sempre in ambito centrista, ma dei Popolari per l’Italia, oltre Mario Mauro si fanno i nomi di Andrea Olivero (delega alla Famiglia) e di Lorenzo Dellai agli Affari Regionali.
Dulcis in fundo, in alternava a Oscar Farinetti, c’è l’ipotesi di Ernesto Carbone, il deputato che ha prestato la sua Smart blu a Renzi per entrare a Palazzo Chigi: avendo maturato anni di esperienza con l’ex ministro prodiano Paolo De Castro, potrebbe finire all’Agricoltura.
Alessandro Trocino
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