Nel programma meno Irap e Irpef

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ROMA — Si partirà con una scossa all’economia, tagliando le tasse, per creare lavoro e rilanciare i consumi. Lo staff di Matteo Renzi sta compulsando schede e documenti che dovrebbero costituire la base del programma del prossimo governo. Per ora si tratta proposte non ancora condivise col Nuovo centrodestra e con i centristi, ma c’è da scommettere che il segretario del Pd non accetterà modifiche sostanziali. Se il governo Renzi otterrà la fiducia, i primi provvedimenti saranno dedicati all’abbassamento del costo del lavoro per creare nuova occupazione. Come prevede il progetto di Jobs Act, annunciato l’8 gennaio, l’Irap dovrebbe scendere del 10%, con un risparmio d’imposta per le imprese di quasi 2 miliardi e mezzo. Accanto a questo taglio generalizzato scatterebbero incentivi per l’assunzione di giovani con meno di 30 anni: le aziende, in questo caso, pagherebbero solo i contributi previdenziali ma non le imposte. Per le assunzioni di giovani in attività innovative e di ricerca ci sarebbe anche un credito d’imposta. In tutto, questi incentivi costerebbero un paio di miliardi.
Sempre il Jobs Act prevede l’introduzione del contratto d’inserimento a tutele progressive, che rende più facili i licenziamenti. E quindi sarà necessario un assegno universale di tutela del reddito per chi perde il lavoro. Che, nelle intenzioni di Renzi, dovrebbe sostenere in particolare chi viene licenziato e non è più ricollocabile e anche i giovani che non trovano lavoro, a patto però che seguano un corso di formazione. La misura (importo, durata) di questo intervento non è ancora definita perché bisognerà fare i conti con le risorse disponibili. Il taglio delle tasse nei piani di Renzi prevede infatti anche una riduzione dell’Irpef sui redditi più bassi: diminuire di un punto le prime due aliquote (23% fino a 15 mila euro, 27% tra 15 mila e 28 mila euro) costerebbe circa 5 miliardi di minor gettito. Fin qui il taglio del cuneo fiscale sul lavoro e la spinta ai consumi. Azione alla quale si affiancherà il capitolo scuola, che contiene un piano di manutenzione straordinaria degli edifici e per la realizzazione di campus universitari, per una spesa prevista di 5 miliardi, e lo sblocco della retribuzione accessoria degli insegnanti per premiare i più meritevoli.
Ma dove si troveranno le risorse per finanziare questo programma economico così dispendioso? Dal taglio della spesa pubblica (spending review), dalla riduzione degli interessi sul debito e dal rientro dei capitali dall’estero, come già prevedeva il governo Letta, ma anche da un aumento della tassazione delle rendite, come dice ancora il Jobs Act. Anche qui la manovra è da mettere a punto. Si tratta, come quello dell’assegno universale, di un capitolo molto delicato, dove le distanze con il centrodestra sono notevoli. L’inasprimento del prelievo dovrebbe risparmiare i titoli di stato (ma i falchi dello staff renziano vorrebbero includerli per lo meno oltre certe soglie di patrimonio) e riguardare in particolare le grandi ricchezze finanziarie, quei 3.800 miliardi di euro complessivamente detenuti dalle famiglie, secondo Banca d’Italia, ma fortemente concentrati sulle fasce più ricche. Quanto alla spending review il programma impostato dal governo Letta, con l’obiettivo di tagliare 32 miliardi di spesa pubblica a regime (dal 2016 in poi), andrà avanti, ma con un’accelerazione, per ottenere risparmi significativi già quest’anno. Ulteriori risorse dovrebbero arrivare anche da un piano di incentivi per l’emersione dal nero.
Se l’azione di governo e la ripresa internazionale produrranno un aumento del Prodotto interno, magari superiore all’1% previsto da Letta per il 2014 (impresa difficilissima, visti i dati di ieri sul mini rimbalzo del Pil dello 0,1% nell’ultimo trimestre del 2013), il compito di Renzi sul fronte dei saldi di finanza pubblica sarà agevolato. In ogni caso, l’aspirante premier punta a ottenere da Bruxelles, in cambio delle riforme, lo scomputo degli investimenti per la crescita dal deficit. Per rassicurare mercati e commissione Ue verrà confermato anche il programma di privatizzazioni e dismissioni, a patto che non si traduca in svendite di imprese pubbliche. Piuttosto si allargherà l’azione alle migliaia di aziende partecipate da Regioni ed enti locali, con l’obiettivo di restituire al mercato tutte le attività che è più logico siano gestite dal privato, comprese le farmacie comunali e le centrali del latte.
Infine, forse la cosa più importante per dare efficacia all’azione di governo: una cabina di regia a Palazzo Chigi che dovrà lavorare a ritmi forsennati per smaltire il prima possibile l’arretrato di circa 850 decreti attuativi che si trascina dal governo Monti, altrimenti tante riforme resteranno sulla carta. E per evitare il ripetersi di questo ingorgo e togliere il potere di interdizione dalle mani dei vertici delle burocrazie ministeriali, Renzi vorrebbe che i provvedimenti del suo governo fossero immediatamente precettivi. Anche questa un’impresa ardua. Ma i suoi ci credono. «Vedrete, sarà una svolta — assicurano —. Anche sul piano comunicativo. I provvedimenti non si prenderanno per rispettare i saldi finanziari, ma avranno la persona al centro: sia esso lavoratore o imprenditore, studente o giovane disoccupato».
Enrico Marro


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