by Sergio Segio | 11 Febbraio 2014 7:00
La difesa del Pd. E Letta: «Vergognosa mistificazione» ROMA — La ricostruzione è dettagliata e l’effetto è esplosivo. L’anticipazione del libro di Alan Friedman sui contatti tra Giorgio Napolitano e Mario Monti in vista della nascita di un possibile governo già nel giugno del 2011, sei mesi prima delle dimissioni di Berlusconi da Palazzo Chigi, provocano un terremoto che costringe tutti i protagonisti della politica ad intervenire. Schierandosi con o contro il capo dello Stato.
La difesa — netta e sdegnata — dell’operato del presidente arriva da tutte le forze di maggioranza, e in particolare scendono in campo sia Enrico Letta che Matteo Renzi. Monti stesso cerca di limitare le conseguenze della sua intervista spiegando che nell’estate del 2011 ebbe dal capo dello Stato «dei segnali: mi aveva fatto capire che in caso di necessità dovevo essere disponibile. Ma è assurdo che venga considerato anomalo che un presidente della Repubblica si assicuri di capire se ci sia un’alternativa se si dovesse porre un problema. Anni prima anche Ciampi discretamente mi contattò per sapere se a certe condizioni sarei potuto essere disponibile».
Ma mentre dal Quirinale arriva una ricostruzione dei fatti per spiegare che si tratta di «fumo, solo fumo», è Forza Italia che sembra avere tra i piedi la palla che può decidere la partita. Ed è Forza Italia che, al momento, la tiene a centrocampo. Perché con toni scandalizzati chiede sì «chiarezza e verità» rispetto a quello che è stato — a seconda delle voci — un «complotto», un’operazione «illegittima», una «manovra contro la democrazia», ma non arriva a sostenere, nel Comitato ad hoc che si è riunito per la prima volta ieri, la richiesta di impeachment del Movimento 5 Stelle, bensì «tempo» per approfondire la questione.
Se sia solo un modo per capire meglio i termini della questione e per sferrare poi l’attacco finale, o se sia la volontà di Berlusconi di tenere l’arma come deterrente o come strumento di pressione sul capo dello Stato e sugli avversari per trattare i prossimi passaggi, lo si capirà dall’evolversi di questi caotici giorni. Ma al momento, se il cammino orchestrato dal presidente del Comitato, Ignazio La Russa, arriverà alla sua prevedibile conclusione, oggi quando si voterà sull’archiviazione del procedimento, la maggioranza di Pd, Scelta civica, Ncd , probabilmente anche con la Lega, batterà numericamente quella dei grillini e dei forzisti. La richiesta però potrà essere riformulata in Aula, e il procedimento riaprirsi, se il 20% dei parlamentari lo richiederà, ovvero se l’asse tra FI e M5S si salderà.
Per ora siamo appunto alla fortissima richiesta di chiarezza, formulata di buon mattino da tutta FI e dai capigruppo Romani e Brunetta. Richiesta reiterata in serata anche dopo la lettera di Napolitano perché, dice il presidente dei senatori, «il capo dello Stato non nega e non convince». «Non possono impedirci di lavorare a una ricostruzione dei fatti che sia esaustiva e parta anche prima degli accadimenti di cui tratta il libro: qui siamo di fronte a un premier auto-incaricato che fa le consultazioni ad agosto a casa di De Benedetti, e siamo di fronte a un capo dello Stato che nomina due presidenti del Consiglio non eletti, Letta e Monti…», detta la linea Giovanni Toti, aggiungendo che la verità è «importante non solo per il passato ma anche per il futuro, perché a giorni potrebbe nascere un altro governo…». Anche questo «non legittimato dal voto», se a guidarlo fosse Renzi…
Sull’impeachment però si usa prudenza: «Non vogliamo la testa di nessuno, ma vogliamo la verità…», insiste Toti. Ma l’ala dura — da Minzolini alla Santanchè — scalpita e non esclude affatto un asse compatto con Grillo. Ipotesi che fa intervenire a difesa di Napolitano il presidente del Consiglio, che parla di «tentativo di vergognosa mistificazione della realtà» nei confronti delle «funzioni di garanzia» svolte dal Quirinale. E se, insiste Letta, «le strumentalizzazioni in corso tentano di rovesciare ruoli e responsabilità in una crisi i cui contorni sono invece ben evidenti e chiari», stupisce «la contemporaneità di queste insinuazioni con il tentativo in corso da tempo da parte del M5S di delegittimare il ruolo di garanzia della presidenza della Repubblica».
Sulla scia di Letta e in collisione con Forza Italia va anche Matteo Renzi, che prima di salire in serata al Colle definisce «inaccettabile l’attacco di queste ore contro il presidente Napolitano. Al capo dello Stato, che come sempre anche in quella circostanza agì nell’interesse esclusivo degli italiani, va la più affettuosa solidarietà delle democratiche e dei democratici».
Paola Di Caro
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