Mille fallimenti al giorno, imprese in piazza

Mille fallimenti al giorno, imprese in piazza

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ROMA — Artigiani, commercianti, piccoli imprenditori: sarà una nuova marcia dei 40mila, come quella dei quadri Fiat a Torino nel 1980, con la differenza che la folla che arriverà domani a mezzogiorno in Piazza del Popolo, a Roma, sarà molto eterogenea. Dai colletti bianchi alle giacche blu. A metterli insieme, spiega il presidente di R.E.Te Imprese Italia Marco Venturi, è «un accumulo di malessere che risale nel tempo»: «Alcuni provvedimenti devono essere presi subito: riduzione della pressione fiscale, rilancio del credito, sostegno della legalità. È vero, la piccola e media impresa non ha mai avuto finora la propensione a manifestare in piazza, ma c’è uno scontento troppo forte». Proprio per questo la manifestazione di R.E.Te. Imprese, convocata con il governo Letta, non è stata rinviata. Venturi è fiducioso: «Abbiamo incontrato Renzi come segretario del Pd, e non abbiamo nessun motivo per pensare che possa disinteressarsi dei nostri problemi ».
Le piccole imprese sono state massacrate dalla crisi: negli ultimi cinque anni ci sono state in media 1000 chiusure ogni giorno, il reddito medio da lavoro indipendente ha registrato una diminuzione del 10% nell’ultimo biennio, nel primo semestre 2013 fallimenti e concordati sono aumentati del 12%, la pressione fiscale è ufficialmente al 44,3% del Pil ma quella “legale” su ogni euro di Pil dichiarato è già al 54%, e l’incidenza della tassazione sui profitti è al 66%, il 20% in più della media europea, mentre la burocrazia costa alle Pmi 30 miliardi di euro l’anno. Facendo la differenza tra imprese nate e chiuse dall’inizio della crisi, calcola la Cgia di Mestre, all’appello ne mancano 134.000, 64.000 del commercio, oltre 70.000 per gli artigiani. E per i lavoratori autonomi, ricorda il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, non esiste «alcuna misura di sostegno al reddito»: «gli artigiani e i commercianti non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di cassaintegrazione o mobilità».
È per questo che le cinque associazioni che fanno capo a R.E.Te. Imprese, e cioè Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti hanno deciso di scendere in piazza. Si tratterà di «una grande mobilitazione », è convinto Giuseppe Roma, direttore generale del Censis. È stato proprio il Censis a seguire attentamente per decenni l’evoluzione del piccolo imprenditore, la “cetomedizzazione” dell’Italia. Da un sondaggio Demos-Coop del 2012 è emerso che in 6 anni la percentuale di chi si “sente” ceto medio è passata dal 60 al 40% degli italiani. Eppure il terziario è ancora l’ossatura di questo paese, riflette Giuseppe Roma, e chi governa non può non tenerne conto: «Il 72% del Pil lo fa il terziario: il commercio, il trasporto, i servizi, molto spesso si tratta anche di imprese di altissima tecnologia. Le nuove politiche economiche dovrebbero essere centrate su tutto quello che può far risollevare la piccola e media impresa, senza limitarsi all’export, ma pensando anche al mercato interno».


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Un’altra farsa italiana. Quale reddito minimo? È solo una social card

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Siamo nel mezzo dell’ennesima commedia degli equivoci tipicamente italiana. Peccato che a farne le spese sia quel quarto di popolazione in sofferenza economica e sociale. Tutto inizia con una dichiarazione. «Negli emendamenti riformulati dai relatori vi è un importante intervento, seppur sperimentale, per il contrasto alla povertà: l’introduzione di un reddito minimo di inserimento che avvia un percorso in alcune grande aree metropolitane».

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