Mattanza al confine di Ceuta, uccisi 13 migranti

by Sergio Segio | 8 Febbraio 2014 14:33

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Pochi chi­lo­me­tri di filo spi­nato sepa­rano l’Africa dall’Europa, la dispe­ra­zione dalla spe­ranza. Ceuta, l’enclave spa­gnola in ter­ri­to­rio maroc­chino, si estende su un faz­zo­letto di terra di meno di 20 chi­lo­me­tri qua­drati. Con poco più di 80mila abi­tanti, la città si affac­cia sullo stretto di Gibil­terra da sud. Una posi­zione stra­te­gica, che ha fatto liti­gare Por­to­gallo, Spa­gna e regni arabi del Nor­da­frica per secoli. Oggi Ceuta è una delle 17 regioni auto­nome della Spa­gna. Ed è una delle fron­tiere fra il nord e il sud del mondo che, con la dif­fe­renza abis­sale fra i red­diti pro capite dei due lati, meglio rac­con­tano l’ingiustizia di un mondo dove le merci sono più libere delle persone.

Nelle prime ore di gio­vedì è suc­cesso di nuovo. Poche cen­ti­naia di per­sone sono scese dai monti che cir­con­dano la città spa­gnola dal lato maroc­chino, dove soprav­vi­vono in attesa del momento pro­pi­zio, e hanno ten­tato di attra­ver­sare la bar­riera fra «il sogno e il niente», come ha rias­sunto effi­ca­ce­mente ieri mat­tina la gior­na­li­sta Pepa Bueno nel pro­gramma radio­fo­nico più ascol­tato della mat­tina, Hoy por hoy. La sor­pren­dente verità è che quelli che la stampa non esita a defi­nire «attac­chi alle fron­tiere» in realtà avven­gono molto più rara­mente di quanto non si possa imma­gi­nare. L’ultimo «attacco» impor­tante risale a settembre.

Ma ogni volta che suc­cede, la bana­lità del male prende il soprav­vento. Sta­volta, secondo le rico­stru­zioni dei fatti, dopo aver ten­tato prima l’assalto ai passi di fron­tiera, poi il salto del filo spi­nato, un gruppo di migranti si è get­tato in acqua, ten­tando di supe­rare, aggi­ran­dolo, il mura­glione che divide la spiag­gia in due e si sporge di qual­che decina di metri nel Medi­ter­ra­neo. Dall’altra parte c’è la spe­ranza, la desti­na­zione di un viag­gio che per molti è durato mesi, tra stenti, fame e botte. Soprat­tutto botte. Di tutte le poli­zie incon­trate lungo il cam­mino. L’ultima che hanno incon­trato è stata la Guar­dia Civil spa­gnola, che, secondo le testi­mo­nianze rac­colte da eldia?rio?.es, non ha esi­tato a spa­rare pal­lot­tole di gomma (e forse anche di piombo) e lacri­mo­geni su un muc­chio di per­sone disar­mate, in dif­fi­coltà in acqua – molti di loro non sanno nuo­tare, lo sap­piamo tutti ormai – men­tre cer­ca­vano a nuoto di rag­giun­gere l’altro lato del mura­glione. Almeno tre­dici per­sone sono morte, molte dopo che le pal­lot­tole hanno forato i pneu­ma­tici che li aiu­ta­vano a gal­leg­giare, secondo le testi­mo­nianze rac­colte dal gior­nale con­ser­va­tore El Mundo. Una parte è riu­scita ad arri­vare in spiag­gia, dove è stata pron­ta­mente respinta dalla Guar­dia Civil che li ha ripor­tati diret­ta­mente in Marocco in maniera del tutto ille­gale (come testi­mo­nia un video mostrato dalla tele­vi­sione La Sexta). Gli altri sono tor­nati indie­tro, accolti ancora una volta dalle botte della poli­zia maroc­china, che lavora ala­cre­mente per aiu­tare i vicini euro­pei a fare il lavoro sporco.

Nella prima ver­sione for­nita dal mini­stero degli interni, gli spa­gnoli non c’entravano niente. Tutto era suc­cesso dall’altra parte, e al mas­simo era tutta colpa della poli­zia maroc­china. Poi in serata, gio­vedì, ha ammesso che c’era stata una «rea­zione pro­por­zio­nata» a degli attac­chi «inu­sual­mente vio­lenti» dei migranti anche uti­liz­zando «mate­riale dis­sua­so­rio» ma mai, per carità, «diret­ta­mente» con­tro di loro. Nel «pieno rispetto della legge». Più tardi, davanti all’evidenza e alla denun­cia di molte vit­time, il mini­stro Fer­nán­dez Diáz ha sfu­mato le sue dichia­ra­zioni dicendo che la legge viene sì rispet­tata, «tranne in casi pun­tuali». Insomma, una bella figu­rac­cia. Che ha spinto i socia­li­sti e Ama­iur, il par­tito basco di sini­stra ostra­ciz­zato dall’establishment per­ché vicino all’ambiente poli­tico dell’Eta, e poi altri par­titi, a chie­dere al mini­stro di pre­sen­tarsi urgen­te­mente al par­la­mento, e Izquierda Unida a chie­derne le dimis­sioni imme­diate. Fer­nán­dez Diáz ha fatto sapere ieri pome­rig­gio che «la set­ti­mana pros­sima» si pre­sen­terà ai depu­tati «di pro­pria ini­zia­tiva» per spie­gare l’accaduto. Intanto il governo, per bocca della vice­pre­si­dente e por­ta­voce Soraya Saéz de San­ta­ma­ria, afferma di essere «dispia­ciuto» per le morti «e per la tra­ge­dia che le causa».

Le morti sono però solo un tas­sello della guerra che il governo popo­lare sta com­bat­tendo con­tro gli ultimi della società. Men­tre il Con­si­glio d’Europa avver­tiva la set­ti­mana scorsa la Spa­gna che il decreto del 2012 che pre­clude ai migranti l’accesso alla sanità pub­blica togliendo loro la tes­sera sani­ta­ria è una vio­la­zione dei diritti sociali euro­pei, sono sem­pre di più le deci­sioni giu­di­zia­rie rela­tive a cen­tri di inter­na­mento per stra­nieri (Cie). In quello della Zona Franca di Bar­cel­lona i giu­dici inda­gano sulle man­ga­nel­late rice­vute a capo­danno da molti dei pri­gio­nieri, e il com­bat­tivo difen­sore del popolo cata­lano (Sín­dic de Greu­ges) defi­ni­sce i Cie «ille­gali» e «inam­mis­si­bili», men­tre un giu­dice ria­pre il caso di una con­go­lese morta in quello di Madrid nel 2011. A otto­bre aveva susci­tato indi­gna­zione la deci­sione del governo di raf­for­zare la for­ti­fi­ca­zione della fron­tiera afri­cana con lame più affi­late, una deci­sione che, nono­stante le pro­messe del mini­stro degli interni, non è mai stata emen­data.
Intanto ieri notte altri 1400 migranti hanno di nuovo ten­tato l’assalto. Sta­volta, almeno, senza vittime.

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