by Sergio Segio | 17 Febbraio 2014 10:44
SOCHI. DOPO un sms e una breve telefonata a Imma Battaglia, presidente onorario dell’associazione DìGay-Project, Luxuria chiede aiuto: «Mi hanno fermata, sto in una stanza con le luci al neon in faccia e mi stanno interrogando. Mi hanno presa con la bandiera con su scritto “Essere gay è ok”, e mi hanno portata via. Parlano solo in russo e non capisco niente, aiutami».
Da quel momento, più niente. Telefonino spento. Nessuna traccia. Fino a un sms arrivato a tarda notte che annuncia la sua liberazione. Prima Battaglia aveva riferito di un atteggiamento degli agenti «brutale e aggressivo», per poi avvertire il ministro degli Esteri, Emma Bonino, che a sua volta aveva attivato l’unità di crisi a Sochi, allestita per scongiurare eventuali situazioni di pericolo per gli italiani che seguono le Olimpiadi. Il console italiano a Mosca, Piergabriele Papadia, si era messo in contatto con il ministero degli Affari Esteri russo: «Non risultano fermi della polizia di connazionali né nell’area di Sochi, né in quella di Adler. Ci teniamo in contatto con i funzionari russi, che hanno verificato situazioni che coinvolgono italiani e stanno procedendo a ulteriori indagini. Non abbiamo modo di avere altri elementi se non le garanzie che ci stanno dando le istituzioni locali. In ogni caso, anche qui vale la convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche: le autorità russe hanno 24 ore di tempo per comunicare un eventuale fermo di un cittadino straniero che ha la possibilità di chiamare il proprio consolato. Né io né i miei collaboratori abbiamo ricevuto segnalazioni».
Nella notte si stava lavorando per ricostruire cosa fosse accaduto nelle ore che separavano quell’immagine su Twitter al silenzio di Luxuria. Vladimir era arrivata a Sochi un paio di giorni fa con una troupe delle Iene, Pio D’Antini e Amedeo Grieco. Alloggiando in un albergo vicino al parco olimpico, nella zona sul Mar Nero, senza l’accredito Cio per assistere alle gare e una bandiera con su scritto “Essere gay è Ok”, tenta di realizzare un servizio tv nel paese che vieta la
propaganda gay, la discussa legge di Putin che ha sollevato polemiche nei mesi precedenti ai Giochi fino alle ultime ore prima dell’inizio delle gare. Alla cerimonia inaugurale, avevano detto no quasi tutti i leader europei, da Angela Merkel a François Hollande a David Cameron. C’era Letta il 7 febbraio scorso, non c’era Barak Obama, che ha inviato a Sochi a farsi rappresentare due ex atlete dichiaratamente lesbiche, Caitlin Cahow, difensore della nazionale femminile di hockey su ghiaccio, vincitrice di due medaglie a cinque cerchi, l’argento a Vancouver 2010 e il bronzo a Torino 2006, attivista gay, e la leggenda del tennis Billie Jean King, che ha poi dovuto rinunciare alla sua presenza per via della malattia e poi morte di sua madre, ma ha assicurato che arriverà per la cerimonia di chiusura, il 23 febbraio, domenica prossima.
Luxuria voleva fare qualcosa prima. Ha chiesto di intervistare gli azzurri in arrivo a Sochi per l’ultima settimana di gare. Ieri sera alle 19.24 è arrivata all’aeroporto di Sochi Carolina Kostner, di ritorno dalla Germania per gli ultimi ritocchi alla preparazione in vista delle sue competizioni. Non è possibile incontrare gli atleti in zone off limits, come appunto nello scalo russo, se non autorizzati e con un appuntamento preventivo e concordato. Ed esiste un’area dedicata alle proteste, a un centinaio di chilometri da Sochi.
Ad accogliere la pattinatrice, Vladimir sicuramente non era andata. Ultime coordinate: nella zona del suo albergo al mare, dove aveva salutato i colleghi delle Iene per fare un giro. All’aeroporto aveva comprato i biglietti per vedere stasera una partita di hockey. Non aveva avuto problemi all’arrivo: «A parte all’aeroporto, per via di quella M per maschio sul passaporto e del mio nome, Vladimir, che qui è associato a Putin ed è come San Gennaro da noi». Gonna lunga con strascico, orecchini, bracciali e ventaglio, tutto con i colori rainbow. «Certo, non passo inosservata andando in giro vestita così, temo che prima o poi mi fermino, ma sono qui per questo».
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