Le pene del Pd: spaccati sull’ergastolo

by Sergio Segio | 8 Febbraio 2014 14:16

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Il Partito democratico vuole abolire l’ergastolo. Anzi no. Sul “fine pena mai”, in poche ore, la vecchia e la nuova segreteria del Pd scoprono di essere su distanze siderali. Senza nemmeno consultarsi. Il primo atto è in mattinata.
Il capogruppo Roberto Speranza e l’ex responsabile della Giustizia Danilo Leva partecipano a una conferenza stampa alla Camera, convocata dai Giovani Democratici. Titolo: “La Democrazia dietro le sbarre”. I due colgono l’occasione per presentare la proposta di legge, di cui sono i primi firmatari, per cancellare il carcere a vita. “L’abolizione dell’ergastolo – dice Speranza – è una battaglia di civiltà e di costituzionalità”. Una battaglia per cui si immagina sia pronto a combattere tutto il partito.
NIENTE AFFATTO. Basta una telefonata all’attuale responsabile Giustizia del Nazareno, Alessia Morani, fresca di nomina nella segreteria di Renzi. La sua sentenza è lapidaria: “Quella di Speranza e Leva è un’iniziativa personale, altrimenti avrei partecipato anch’io alla conferenza stampa. Stiamo lavorando per risolvere l’emergenza carceraria e l’abolizione dell’ergastolo non è in calendario . È evidente che le priorità della giustizia italiana, per il Partito democratico, sono altre”.
Informato della posizione di Morani, Speranza mette le mani avanti: “Non ho mai detto che la nostra fosse la posizione del Pd. È un tema che riguarda le coscienze individuali, non ho parlato a nome del partito. La conferenza non serviva a presentare la nostra iniziativa, che abbiamo scritto molti mesi fa”.
Evidentemente il bersaniano non si è messo d’accordo nemmeno con il cofirmatario. Ieri mattina, infatti, Danilo Leva ha chiesto esplicitamente di mettere subito in calendario la proposta di legge. Non una battaglia culturale, insomma, ma un’ipotesi legislativa da portare al più presto in Parlamento. La segreteria del Pd non ne era informata.
IL DIBATTITO sull’ergastolo si accende nell’opinione pubblica a intervalli regolari. Nel 1981 la proposta di abrogazione è stata bocciata da un referendum in cui i “no” si sono avvicinati all’80 per cento. Nel frattempo però gli ergastolani nelle carceri italiane sono cresciuti in modo esponenziale: oggi sono 1581.
Speranza ha citato l’articolo 27 della Costituzione : “Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”. “Non capisco quale possa essere la rieducazione – ha commentato il capogruppo Pd – in una pena che non permette il reinserimento nella società”.
GIÀ IN DUE occasioni la Corte Costituzionale ha decretato che il “fine pena mai” non è in contrasto con i princìpi della Carta: nel 1974 ne stabilì la legittimità indicando la possibilità per i detenuti di accedere alla libertà condizionale. Esiste però anche l’ergastolo “ostativo” (articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario), che non prevede in alcun modo il ritorno in libertà per coloro che rifiutino di collaborare con la giustizia. Nemmeno questo incostituzionale, secondo la Consulta (sentenza del 2003). L’“ostativo” è considerato uno strumento di contrasto delle organizzazioni criminali (al punto che Totò Riina ne chiese l’abolizione nel suo “papello”). Danilo Leva nega che l’eventuale abrogazione possa essere gradita alle mafie: “Macché. È una battaglia di civiltà, dobbiamo liberarci del populismo giuridico”. Bisognerà chiedere al resto del partito.

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