La protesta degli autoconvocati Cgil contro l’intesa sulla rappresentanza

by Sergio Segio | 15 Febbraio 2014 23:00

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BOLOGNA — «Se ci sarà consultazione deve essere trasparente, diversamente non accetteremo truffe democratiche e non ci sentiremo vincolati». Davanti a quasi duemila delegati autoconvocati che arrivano da tutta l’Italia spetta di nuovo al segretario Fiom Maurizio Landini incalzare la segretaria nazionale Susanna
Camusso.
Dopo le botte e gli spintoni di Milano riparte da Bologna l’avanzata degli “anti-Camusso” che contestano il testo sulla rappresentanza firmato dalla Cgil con Cisl, Uil e Confindustria, ma stavolta forte dell’appoggio che arriva, deciso, dal giurista ed ex candidato alla presidenza della Repubblica Stefano Rodotà, ospite d’onore a Bologna, che loda le lotte della Fiom di questi anni e assicura il suo aiuto per una battaglia che definisce «non di categoria ma di cittadini preoccupati per la democrazia. Per la libertà sindacale — continua Rodotà, che viene chiamato “presidente” dai delegati — sequestrata da questo accordo che stravolge il senso della partecipazione. Forse sono troppo malizioso, ma c’è il rischio che da questo testo prenda le mosse la legge da più parti auspicata sulla rappresentanza ».
Un Rodotà a tutto campo, che bacchetta John Elkann ricordando «quel giovanotto che sappiamo, che si può permettere di dire quelle cose sui giovani senza che ci siano reazioni». O che ricorda che «la stessa maggioranza misteriosa oggi al lavoro è quella che ha portato all’accantonamento violento di Letta».
Ma dal palco, scarno e colorato di rosso, da cui parlano gli arrabbiati della Cgil, spetta ancora a Landini il ruolo di protagonista, anche perché davanti a lui la maggior parte delle persone indossa la felpa della Fiom, pur se sono presenti rappresentanti dei bancari, del pubblico impiego, dei chimici. Prima commenta l’esecutivo che sta prendendo forma in queste ore sotto il segno di Matteo Renzi. «L’idea di governi non eletti dalle persone non mi convince, l’ho detto con Monti e con Letta — spiega al suo arrivo — Anche prendendo per buona la volontà di cambiare tutto di Renzi com’è possibile cambiare con questo parlamento, con Scelta civica, con Alfano? È un rischio anche per lui — continua — tra l’altro è un parlamento eletto con una legge che è stata dichiarata incostituzionale».
Poi però, davanti alla platea che alla fine approverà un documento che esprime «solidarietà a chi subisce interventi volti a impedire la discussione», con un riferimento chiaro a Cremaschi, e chiede il ritiro della firma della Cgil da quell’accordo, l’argomento principe è quello che Landini definisce «un’esplicita crisi democratica della Cgil». «Un sindacato che esclude alcune sue categorie da un incontro è una follia — dice Landini — se non fai parlare qualcuno è segno di paura e debolezza del sindacato. Dobbiamo discutere dei contenuti dell’accordo e fare esprimere i lavoratori conoscendo i diversi punti di vista». Ciononostante non pensa nemmeno alla scissione, perché come dicono più persone dal palco «la Cgil siamo noi».
Tra i delegati che prendono parola c’è Ciro D’Alessio, di Pomigliano, che dice che «chi ha letto l’accordo sa bene che è la morte del sindacato», oppure Nico Vox del pubblico impiego, che era a Milano venerdì quando sono volati spintoni. «La segretaria Camusso ha negato l’unico intervento critico sul testo, il mio», attacca. «La Cgil in questi anni non ha combattuto con la dovuta forza — recita il documento finale dell’assemblea — Se alziamo la voce non è perché difendiamo il passato, ma per costruire il futuro».

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