La Crimea: «Ora referendum»
Simone Pieranni,
Un’altra giornata ricca di novità in Ucraina: Yanukovich si è palesato attraverso una mail ad un’agenzia di stampa, rivendicando il proprio ruolo, assicurandosi la protezione russa e annunciando per oggi una conferenza stampa a Rostov. Il Parlamento in Crimea è stato «conquistato» dai filo russi che hanno annunciato un referendum per aumentare la propria autonomia (il prossimo 25 maggio), mentre le truppe da Mosca si muovevano lungo i confini e alcune sarebbero state addirittura bloccate, mentre erano pronte a entrare a Sinferopoli.
Quest’ultimo evento ha creato una sorta di coro europeo, ucraino e americano, che invita la Russia a non intervenire. Mosca si è limitata a specificare che le esercitazioni in corso, non dipendono dai fatti di Kiev. Infine, il premier scelto da Majdan, Yatseniuk, ha ultimato il proprio governo – di transizione, fino alle elezioni del 25 maggio – nel quale spiccano i tre esponenti dei nazisti di Svoboda (uno dei quali è vice premier). Nessun ruolo per Klitschko, mentre Svoboda, alcuni giorni fa, aveva guadagnato per un proprio uomo, il ruolo di procuratore generale. Il momento di maggior tensione della giornata di ieri è stato senza dubbio quello vissuto dal parlamento in Crimea, vero e proprio centro nevralgico, al momento, di tutto quanto può determinare il futuro del paese. Ieri uomini armati filorussi hanno occupato gli edifici di governo e Parlamento della regione della Repubblica autonoma di Crimea.
L’agenzia di stampa ucraina Interfax che ha citato funzionari locali, ha specificato che gli uomini armati erano membri di unità di autodifesa, sorte nei giorni scorsi, dopo le novità che giungevano da Kiev, in tutta la penisola sul Mar Nero. Secondo quanto si è appreso durante il corso della giornata, gli occupanti hanno rifiutato di incontrare le autorità e come accaduto a Majdan con Yanukovich, hanno «licenziato» il governo ufficiale della penisola. Nel frattempo tutti si sono lanciati in proclami per evitare una degenerazione, chiedendo alla Russia di non intervenire. Kiev invece, attraverso il ministro dell’interno ucraino ad interim, Arsen Avakov, confermato al suo posto, ha messo in allerta le forze di polizia, comprese quelle speciali, dopo aver sciolto alcuni giorni fa i Berkut, simbolo per Majdan della repressione.
Tra le novità anche il ritorno di Yanukovich, il grande sconfitto di tutto il recente cambiamento ucraino. Attraverso una mail ad un’agenzia di stampa ha ribadito di considerarsi ancora il «presidente» e di essere «costretto a chiedere alle autorità russe di garantire» per la sua sicurezza. Non è mancato un riferimento alla Crimea: «Io come presidente non consentivo alle forze armate ucraine di intervenire negli eventi politici interni. Ordino la stessa cosa anche ora», ha detto Ianukovich. «Nel caso in cui qualcuno darà una disposizione di questo genere alle forze armate e alle forze dell’ordine, tale decisione sarà illegittima e criminale».
Tutto questo accadeva mentre a Kiev si formava il nuovo governo a metà tra il tecnico e il politico, dove spicca la presenza di tre elementi di Svoboda, il gruppo neonazisti, uno dei quali sarà vice premier ed è noto per le proprie posizioni anti abortiste. Il compito di questo governo sarà breve ma arduo: la figura di Yatseniuk dovrebbe consentire all’esecutivo di tenere in piede una trattativa complessa, che preveda il sostegno del Fondo Monetario, l’appoggio dell’Unione europea (molti dei ministri sono considerati in Ucraina degli «europeisti» convinti) e nello stesso tempo non chiudere tutte le porte a Putin, le cui mosse diventeranno sempre più importanti per capire davvero che piega stia prendendo la recente evoluzione della storia politica dell’Ucraina.
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