Eliminare un cittadino americano? Il dibattito che divide la Casa Bianca

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NEW YORK – Colpire o non colpire? Da mesi una condanna a morte tecnologica, un attacco di droni-killer pende sulla testa di un (anonimo) terrorista cittadino americano che organizza attentati in Pakistan. Alla Casa Bianca la questione è sul tavolo dall’estate scorsa, ma Obama non ha ancora deciso il suo inserimento nella «kill list». I droni della Cia che tengono il potenziale bersaglio sotto sorveglianza non possono attaccarlo perché, in base alle nuove direttive impartite nel giugno scorso, un cittadino americano non può essere eliminato da una struttura di spionaggio. Solo le forze armate, in determinate circostanze, hanno questo potere, ma i droni del Pentagono sono autorizzati a colpire solo nelle zone di guerra, in quelle senza legge (come certe parti della Somalia) o in Paesi che accettano una cooperazione militare con gli Usa: non è il caso del Pakistan.
Obama può scegliere di intervenire comunque data la gravità della minaccia, autorizzando la Cia a colpire anche un cittadino americano. Ma si esporrebbe all’accusa di aver preso, sia pure per cause di forza maggiore, una decisione incostituzionale. Gli è accaduto in passato quando ha dato via libera all’eliminazione di Anwar al-Awlaki, il terrorista basato nello Yemen ma originario del New Mexico colpito il 30 settembre del 2011 dopo che suo padre aveva fatto inutilmente ricorso contro la sentenza di morte in una corte federale. In alternativa Obama può scegliere di attaccare coi droni dell’Air Force contro la volontà del governo pakistano. Ma fin qui non lo ha fatto. Forse anche perché il ministero della Giustizia non ha completato la raccolta di elementi probatori contro un uomo che da un momento all’altro potrebbe diventare un bersaglio.
Così dal Congresso, che fino a un anno fa lo accusava di usare i droni con troppa facilità e in modo poco trasparente, adesso molti accusano il presidente di essersi legato le mani da solo per eccesso di garantismo: «Ha creato vincoli burocratici che, limitando gli interventi, mettono in pericolo i cittadini americani, i nostri soldati all’estero e spargono frustrazione tra gli alleati dell’America», accusa il presidente della Commissione Servizi segreti della Camera, Mike Rogers, repubblicano. Ma anche per la senatrice democratica Dianne Feinstein, presidente della Commissione sull’intelligence nell’altro ramo del Congresso, il trasferimento del potere di condurre attacchi con aerei senza pilota dalla Cia al Pentagono comporta grossi problemi, anche perché la Central Intelligence Agency ha accumulato molta più esperienza nell’uso dei droni killer.
Rispetto al suo predecessore, il presidente democratico ha cambiato strategia antiterrorismo: via i soldati da Iraq e Afghanistan, meno interventi militari sul terreno, ma più intelligence e attacchi chirurgici dal cielo con aerei senza piloti e missili Hellfire . Secondo i dati del National Security Program in cinque anni di presidenza, dal 2009 alla fine del 2013, Obama ha autorizzato 321 attacchi con droni killer (oltre 1500 le vittime complessive) rispetto ai soli 44 autorizzati da George Bush nei suoi anni alla Casa Bianca (gli ultimi quattro perché solo dal 2005 questo sistema di arma è divenuto davvero operativo).
Ma l’eliminazione di presunti terroristi sulla base di indagini e prove tenute rigorosamente segrete, le molte vittime civili e le accuse di violazione della Costituzione Usa per aver deliberato l’uccisione senza processo anche di cittadini americani, hanno spinto, come detto, Obama a essere sempre più prudente. Ha spiegato più volte in pubblico la sua strategia contro Al Qaeda e le altre centrali del terrore. Ha fatto trapelare sulla stampa fin dal 2012 i suoi tormenti di uomo chiamato, da comandante supremo delle forse Usa, a dire l’ultima parola sulla kill list preparata dai suoi funzionari nella riunione antiterrorismo che si svolge ogni martedì mattina nella Situation room della Casa Bianca.
Un costituzionalista diventato politico della sinistra progressista chiamato a decidere se è moralmente giustificato rischiare di uccidere familiari, bambini compresi, per eliminare un pericoloso terrorista che sta preparando attacchi micidiali. Eliminare solo chi sta per attaccare bersagli in territorio Usa? O anche chi organizza attentati contro bersagli americani nel mondo o contro Paesi alleati degli Stati Uniti?
Per molto tempo queste domande sono rimaste senza risposte, facendo infuriare le organizzazioni che pongono la difesa dei diritti umani davanti alle esigenze di sicurezza. Ora che Obama ha cominciato a cercare quelle risposte («il bersaglio deve rappresentare una minaccia imminente e continua per cittadini Usa» secondo l’ultima formulazione legale) il Congresso contesta la sue mosse.


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