Electrolux, marcia indietro svedese

by Sergio Segio | 5 Febbraio 2014 9:34

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Nella vertenza Electrolux si volta pagina e la trattativa per scongiurare l’addio degli svedesi all’Italia può decollare. E’ stato l’amministratore delegato di Electrolux Italia, Ernesto Ferrario, a esplicitare ieri davanti alla commissione Industria del Senato l’apertura di una nuova fase. «Vogliamo restare in Italia, non abbiamo alcuna intenzione di andar via» ha dichiarato il manager, che poi ha rilasciato altre due dichiarazioni molto importanti. «Non abbiamo mai detto o scritto che avremmo chiuso lo stabilimento di Porcia e non abbiamo mai proposto un taglio del salario del 40%». La Electrolux si aspetta «un aiuto per ridurre il costo del lavoro, non vogliamo arrivare al livello di Polonia o Romania ma c’è bisogno di intervenire contro il suo costante aumento e per questo siamo disponibili a discutere con i sindacati e il governo». Che, però, ha sottolineato Ferrario, fino ad ora non hanno messo per iscritto nulla, si sono limitati a criticare i documenti dell’azienda. Il manager ha chiarito anche di non aver mai chiesto di ridurre l’orario a 6 ore, «abbiamo solo chiesto di continuare con l’orario 6+2, di cui le ultime con i contratti di solidarietà».
Più netta di così la retromarcia degli svedesi non poteva essere, pur perseverando nella polemica contro Cgil-Cisl-Uil – accusati di aver fatto disinformazione sui veri numeri – l’intervento di Ferrario rimette le cose al loro posto in attesa della data del 17 febbraio, quando Electrolux sarà ancora più esplicita sul futuro produttivo di Porcia presentando un vero piano industriale. Si tratterà di vedere se la missione dello stabilimento friulano resterà nel campo della fabbricazione di lavatrici o verrà individuato un nuovo mix produttivo, ma si tratta comunque di una continuità operativa che fino a ieri sembrava ampiamente compromessa. Anche nella delicatissima materia del costo del lavoro gli svedesi hanno mutato la loro posizione. Nel documento consegnato alla commissione Industria del Senato si passa sostanzialmente dalla “via polacca” alla “via friulana” e si quantifica nel 10-15% del Clup (costo del lavoro per unità di prodotto) l’obiettivo di riduzione. Non a caso si esprime una valutazione positiva sul contributo dei saggi della Confindustria di Pordenone che avevano ragionato su parametri analoghi con effetti di taglio più limitati sulle buste paga degli operai.
Il terzo elemento di novità sta negli strumenti individuati per recuperare competitività. Scontato il ruolo centrale del costo del lavoro, Electrolux apre però all’esame di altri fattori come gli incentivi per la ricerca. Di conseguenza si amplia la tastiera sulla quale il governo può lavorare per risolvere il caso e allontanare definitivamente l’ipotesi di delocalizzazione dall’Italia in Polonia. Sperando che, come ha dichiarato di recente il ministro Flavio Zanonato, il dossier sia portato in tempi brevi anche all’attenzione del premier Enrico Letta. Nel frattempo è auspicabile che anche il sindacato superi il torpore di queste settimane e oltre a indire sacrosante manifestazioni di protesta a Roma e a Pordenone elabori in parallelo una propria proposta da negoziare con svedesi e governo. In proposito una posizione interessante è venuta dal segretario della Cisl del Friuli Venezia Giulia, Giovanni Fania, che ha espresso un incoraggiamento nei confronti della mediazione della Confindustria locale: «Il loro documento contiene sicuramente dei punti sui quali siamo critici ma l’impianto merita di essere discusso e di diventare oggetto di trattativa».
Resta, infine, in secondo piano una polemica tra il ministero dello Sviluppo economico e la Electrolux sull’innovazione e lo spostamento verso produzioni di fascia alta. Il sottosegretario Claudio De Vincenti lo considera un elemento-chiave della strategia di contrasto alla crisi del bianco in Italia, gli svedesi nel loro documento rispondono indirettamente che se c’è un produttore che negli ultimi anni ha innovato questo si chiama Electrolux con investimenti per oltre 245 milioni. E aggiungono che negli stabilimenti italiani sono allocati i prodotti più innovativi e a maggior valore aggiunto. La querelle si riproporrà nei prossimi giorni ma intanto vanno monitorati con attenzione gli sviluppi del caso Indesit. Il gruppo marchigiano sta attivamente ricercando un partner internazionale e non è affatto secondario se alla fine lo troverà in Europa o in Asia.
Dario Di Vico

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