E ora l’Italicum slitta Si studia l’algoritmo per distribuire i seggi

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Troppo pericoloso, infatti, affrontare insidiosi scrutini segreti mentre è ancora incerta la titolarità di Palazzo Chigi.
E così la giornata si conclude con una riunione dei capigruppo che certifica il rinvio a martedì 18 dei primi voti in aula a Montecitorio: una settimana di ritardo che irrita assai il capogruppo di FI, Renato Brunetta, ma che mette al riparo le grandi manovre interne al Pd per la gettonatissima staffetta Letta-Renzi al governo.
Eppure la legge elettorale, frutto dell’accordo Renzi-Berlusconi-Alfano, ieri ha fatto un piccolo passo in avanti grazie all’approvazione in sede di «comitato dei nove» (il gruppo di deputati che scioglie i nodi tecnici più ostici prima di andare in aula) dei tre emendamenti del relatore Francesco Paolo Sisto (FI) che ha tradotto in norma l’ultimo pezzo dell’accordo Pd-FI-Ncd: innalzamento della soglia di accesso al premio di maggioranza (dal 35% al 37%) e abbassamento dello sbarramento per i piccoli partiti (dal 5% al 4,5%).
Tuttavia, molte delle 21 pagine in cui si articolano gli emendamenti di Sisto sono dedicate al problema delicatissimo dell’algoritmo della legge elettorale. Sì, l’algoritmo, matematicamente inteso, che tramuta i voti espressi in seggi. Spiega Gianclaudio Bressa, plenipotenziario renziano per la legge elettorale: «L’algoritmo è il motore mentre le soglie sono la benzina. Ma vi assicuro che la macchina elettorale ora gira….». E il relatore Sisto ammette che «la cosa più semplice del mondo è stata quella di ripescare l’algoritmo del Porcellum…». Ovvero, quella formula magica che dal 1953 (l’anno della cosiddetta «legge truffa») consente al ministero dell’Interno di tradurre i voti ottenuti dalle varie liste in seggi alla Camera e al Senato con minime sbavature.
Eppure, in prima battuta, i tecnici reclutati da Renzi e Berlusconi per scrivere il testo poi recapitato alla commissione Affari costituzionali utilizzava un altro algoritmo: «Hanno provato a farlo girare ma non dava un risultato univoco», sussurra Peppino Calderisi, ex deputato e ora guru elettorale del Ncd. Per cui, l’Ufficio studi della Camera ha avuto, per così dire, l’onere di rimettere pesantemente le mani sul primo testo reintroducendo l’efficacissimo algoritmo della legge truffa perpetratosi fino al Porcellum. E c’è voluto il bisturi, se non l’accetta, per rimodellare l’articolo 2 che parlava di «quoziente elettorale nazionale» anche per il Senato, in barba alla norma costituzionale che assegna a ciascuna Regione almeno sette senatori (tranne Molise e Val d’Aosta).
L’algoritmo ritrovato privilegia fin dagli anni 50 la ripartizione dei seggi su base territoriale, favorendo nella composizione delle liste i grandi partiti e penalizzando i piccoli: «Però con 148, 122 o 118 collegi plurinominali — spiega Calderisi — c’è il rischio che un partito del 5%, che non raggiunge mai il quoziente pieno nel collegio, veda scattare i suoi eletti là dove ha preso meno voti». Per questo, il capogruppo del Ncd, Enrico Costa, ha chiesto che prima di procedere venga testato l’algoritmo «soprattutto per quanto riguarda il riparto nei collegi plurinominali…». E per aggiustare la formula magica, provvidenziale è lo stop di una settimana (e forse più) imposto dalla lotta fratricida Letta-Renzi.
Dino Martirano


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