Corsa per rassicurare Europa e mercati inquieti per l’Italia
La rapidità delle consultazioni di Giorgio Napolitano e l’esclusione di un passaggio in Parlamento per il premier dimissionario Enrico Letta serve a rassicurare l’Europa e i mercati finanziari, preoccupati dall’ennesima crisi di un’Italia politicamente imprevedibile e instabile. Lo sguardo è puntato su Palazzo Chigi, ma anche sul ministero dell’Economia. La seconda casella, occupata finora da Fabrizio Saccomanni, è considerata importante quasi quanto quella del presidente del Consiglio. Ieri Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue, ha voluto sottolineare che l’Italia «è stata sempre molto leale verso il progetto europeo».
Barroso ribadisce di avere fiducia «nella volontà e nella capacità» italiane di ridurre la spesa pubblica e di rispettare gli impegni presi: parole che lasciano trasparire una vena di preoccupazione nei confronti di un governo guidato da Matteo Renzi. Non tanto per la personalità del sindaco di Firenze, definito un europeista come «il grande europeo» Letta. Il problema è il contesto di novità col quale si vorrebbe marcare la discontinuità con le «larghe intese» degli ultimi nove mesi: anche nei confronti di quella che viene considerata una scarsa flessibilità europea sui conti di nazioni come l’Italia.
La volontà trasparente delle istituzioni di Bruxelles è che si archivi rapidamente l’esecutivo di Letta; e, mentre si apre un capitolo totalmente nuovo, che «la scossa» annunciata dal premier in pectore non comporti un deragliamento dagli impegni presi. Per questo Barroso si affretta ad accogliere a braccia aperte Renzi. L’interdipendenza economica e finanziaria è molto più profonda di quanto si pensi: lo ha dimostrato la crisi della Grecia. E l’atteggiamento di uno Stato come l’Italia, viene osservato e studiato come qualcosa da affrontare a livello continentale.
C’è stata una certa sorpresa, e in alcune cancellerie anche disappunto, per il modo in cui Renzi ha aperto un dialogo istituzionale con Silvio Berlusconi, rilegittimandolo dopo la condanna per il caso Mediaset. Tra l’altro la denuncia berlusconiana, in verità non nuova, di un «colpo di Stato» che sarebbe stato compiuto nel 2011 mettendo Mario Monti a Palazzo Chigi al suo posto, sa di attacco al Quirinale. E insinua il sospetto che dopo lo strappo del Pd nei confronti di Letta, sia in incubazione quello di Forza Italia contro Napolitano, garante prima di Monti e poi del premier uscente. Anche se il Cavaliere dice una cosa vera quando segnala che Renzi, Letta e Monti sono tre premier non eletti, al contrario di lui, «l’ultimo», nel 2008.
Sono istantanee destinate ad alimentare gli stereotipi su un’Italia difficile da maneggiare. Il compito di Renzi, se come sembra riuscirà a formare un governo, sarà di conciliare la continuità della politica europea con la rottura a livello interno. La sua conoscenza delle questioni internazionali sarà messa alla prova. Si attraversa una fase in cui l’Ue è criticata e impopolare. E alla vigilia delle elezioni europee di maggio si prevede la crescita dei partiti populisti. Dopo Berlusconi e Romano Prodi, che è stato anche presidente della Commissione, a Palazzo Chigi sono andati Monti e Letta (al quale ieri ha telefonato «con sincera amicizia» il presidente Usa, Barack Obama), considerati di casa a Bruxelles. Ma a Renzi si riconoscono doti non comuni nella capacità e rapidità di apprendere e assorbire le questioni con le quali non ha eccessiva dimestichezza.
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