Calano i redditi in tutte le regioni, 2012 nero
Letta o Squinzi? Ottimismo della volontà o pessimismo della ragione? Insomma, la crisi è finita o no? Gli italiani la risposta la sanno benissimo ed è no. Ma se non bastasse guardarsi nel portafoglio o nel frigorifero per farsi un’idea, allora ecco i dati resi noti ieri dall’Istat. «Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto al 2011, in tutte le regioni italiane». A livello nazionale il calo è dell’1,9%, il Sud registra un –1,6%, il Nord-est scende dell’1,8%, mentre nel Nord-ovest e nel centro si raggiunge il –2%. Le regioni che pagano di più sono Valle d’Aosta e Liguria (-2,8%). «Il reddito monetario disponibile per abitante è pari a circa 20.300 euro sia nel Nord-est sia nel Nord-ovest, a 18.700 euro al Centro e a 13.200 euro nel Mezzogiorno».
A livello nazionale il reddito medio è pari a 17.600 euro. Al primo posto come sempre Bolzano con 22.400 euro, all’ultimo la Campania, con poco meno di 12.300 euro. In media nel nord si superano di poco i 20.300 euro. Nel Centro il valore è attorno ai 18.700 euro, al Sud si scende fino a a una media di circa 13.200 euro. Significa che chi vive nel Mezzogiorno ha un reddito inferiore del 35,2% (un quarto in meno) rispetto a chi vive nel Settentrione e del 24,9% rispetto alla media nazionale. Il risultato è che le regioni povere sono sempre più povere e le regioni ricche si stanno impoverendo sempre più velocemente.
I dati sono confermati dall’analisi di Confcommercio: nel 2012 la ricchezza netta pro capite è tornata ai livelli del 2002 perdendo, rispetto al massimo raggiunto nel 2006, oltre 18.000 euro a testa, e i consumi sono crollati del 4,2 %, a fronte di un innalzamento delle tasse triplicate a 4,6 miliardi.
Per Coldiretti sono 4,1 milioni i poveri che nel 2013 devono chiedere aiuto per mangiare (+10%), il 37% sono al sud per un totale di 1.542.175 di indigenti, in aumento del 65% negli ultimi 3 anni. In Campania sono passati da 509.928 a 913.213. Nelle isole gli assistiti crescono da 496.771 a 748.584 di cui 660.152 in Sicilia.
Ma anche al Nord c’è chi non riesce a sfamarsi. Tra il 2010 ed il 2013 si è registrato un aumento del 32% (da 797.939 a 1.056.855 persone). In Emilia Romagna i 163.029 poveri sono diventati 228.591(+40% dopo il terremoto). Per la Confederazione italiana agricoltori (Cia) dall’inizio della crisi la spesa per la tavola è calata di 2,5 miliardi di euro l’anno e nel 2012 è scesa a 117 miliardi, come vent’anni fa. Per 6,5 milioni di cittadini l’unica alternativa è il low cost e il discount. Mentre nel Sud quasi un quarto della popolazione non può permettersi un pasto adeguato tutti i giorni.
«La crisi non sta affatto finendo, dato che le famiglie sono sempre più sul lastrico», commenta il Codacons. Ancora più pessimista l’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori secondo cui il calo dei redditi sarebbe stato del 3,6% con contrazione dei consumi del 4,7% nel 2012, del 3,4% nel 2013 e con un previsione di un ulteriore –1,1% nel 2014.
E per finire, secondo i dati resi noti da Link Lab, il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell’Università degli Studi Link Campus University, nel 2013 in Italia c’è stato un suicidio ogni 2 giorni e mezzo. In un caso su due si tratta di imprenditori, ma aumentano i disoccupati. «Nel 2013 sono state 149 le persone che si sono tolte la vita per motivazioni economiche, rispetto agli 89 del 2012. 238 il numero complessivo dei suicidi per motivi legati alla crisi economica registrati in Italia nel biennio 2012–2013».
Non resta che attaccarsi alle cifre del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini secondo cui a metà febbraio l’Istat certificherà una crescita dello 0,2–0,3%. La speranza è sempre l’ultima a morire.
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