Arrestati i sindacalisti che protestavano contro la Tav

by Sergio Segio | 4 Febbraio 2014 9:00

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La nota è con­di­visa dal Trade Union Advi­sory Com­mi­tee (Tuac), organo rap­pre­sen­ta­tivo dei sin­da­cati nell’Organizzazione per la Coo­pe­ra­zione e lo Svi­luppo eco­no­mico (Ocse).

I punti con­te­stanti sono diversi. A pre­oc­cu­pare il mondo inter­na­zio­nale del lavoro e motivo prin­ci­pale della visita nella peni­sola sono gli svi­luppi dei 22 giorni di scio­pero dei fer­ro­vieri con­tro la paven­tata pri­va­tiz­za­zione della Korea Rail­road Corp, la società fer­ro­via­ria pub­blica meglio cono­sciuta con il nome di Korail. Lo scorso 17 gen­naio l’arresto di quat­tro lea­der sin­da­cali, tra cui Kim Myung-hwan, segre­ta­rio dell’organizzazione dei fer­ro­vieri, è stato l’ultimo in ordine di tempo di una serie ini­ziata a metà dicem­bre, quando si era nel pieno della pro­te­sta. Un epi­so­dio già avve­nuto quat­tro set­ti­mane prima. In totale sono almeno 35 gli ordini d’arresto ema­nati durante la pro­te­sta andata avanti dal 9 al 31 dicem­bre. Sono invece almeno un migliaio i lavo­ra­tori cui sono toc­cate san­zioni disci­pli­nari per aver par­te­ci­pato alle mani­fe­sta­zioni (nella foto reu­ters). Al cen­tro della disputa c’è il piano per creare una sus­si­dia­ria della Korail, che gestirà la nuova tratta ad alta velo­cità che par­tirà da Suseo, nella parte meri­dio­nale della capitale.

La fine della pro­te­sta è stata dichia­rata sol­tanto dopo la deci­sione di isti­tuire un comi­tato par­la­men­tare allo scopo di garan­tire che la nascita della nuova società non sfoci nella pri­va­tiz­za­zione dei ser­vizi.
Obiet­tivo quest’ultimo che emerge tut­ta­via da alcuni docu­menti pub­bli­cati lo scorso 7 gen­naio dal quo­ti­diano Han­kyo­reh, in cui si parla di intro­du­zione della «con­cor­renza del set­tore pri­vato, aprendo le linee in per­dita della Korail e nuovi pro­getti per le linee metro­po­li­tane a società pub­bli­che o pri­vate». Per il giu­dice che ha emesso gli ultimi man­dati, le respon­sa­bi­lità dei sin­da­ca­li­sti sono state accer­tate e ci sono ragioni suf­fi­cienti per temere che pos­sano scap­pare o distrug­gere le prove.

Per la dele­ga­zione inter­na­zio­nale gli arre­sti sono al con­tra­rio una vio­la­zione dei diritti dei lavo­ra­tori, in par­ti­co­lare di quello allo scio­pero. Senza con­tare che la Korail intende chie­dere ai sin­da­cati di ripa­gare le per­dite subite nelle tre set­ti­mane di pro­te­sta. Un conto da diversi miliardi di won, oltre 15, pari a 14,5 milioni di dol­lari. Cause inten­tate allo scopo di man­dare in ban­ca­rotta le orga­niz­za­zioni sin­da­cali, sot­to­li­nea l’Ituc, per cifre che i lavo­ra­tori non pos­sono pagare. In Corea del Sud si è di fronte alla man­canza di dia­logo, e della pos­si­bi­lità di dia­logo, tra governo e corpi sociali, ha spie­gato Anto­nio Fiori, Korea Foun­da­tion Endo­w­ment Chair all’Università di Bolo­gna. Fiori inse­ri­sce la vicenda in un qua­dro più ampio, riguardo la tenuta demo­cra­tica del Paese.

«Non c’è il rischio di auto­ri­ta­ri­smo», pre­cisa, «tut­ta­via si tratta di una que­stione di qua­lità della demo­cra­zia», che la Corea del Sud cono­sce da 25 anni.

Un feno­meno emerso già nella pas­sata ammi­ni­stra­zione gui­data da Lee Myung-bak, esa­cer­bato con l’arrivo alla Casa Blu della pre­si­den­tessa Park Geun-hye. Ciò che pre­oc­cupa sono le intru­sioni anti­de­mo­cra­ti­che nel rap­porto tra governo e società. Un defi­cit demo­cra­tico venuto a galla con lo scan­dalo che ha inve­stito l’agenzia d’intelligence coin­volta in una cam­pa­gna online di dele­git­ti­ma­zione dei can­di­dati dell’opposizione, per orien­tare il voto delle pre­si­den­ziali di dicem­bre 2012 a favore di Park. Una vio­la­zione senza pre­ce­denti, com­menta Fiori che ricorda studi indi­pen­denti secondo cui, senza la mani­po­la­zione del Nis, il risul­tato elet­to­rale sarebbe potuto essere a favore del can­di­dato demo­cra­tico Moon Jae-in. In tema di lavoro i rap­porti tra la Casa Blu e i sin­da­cati pre­oc­cu­pano anche Orga­niz­za­zione inter­na­zio­nale del lavoro. Mem­bro dell’Ilo dal 1991, Seul non ha ancora rati­fi­cato quat­tro delle otto con­ven­zioni fon­da­men­tali dell’organizzazione, le due sui lavori for­zati e le due sulla con­trat­ta­zione col­let­tiva e la libertà d’associazione, quest’ultima, ricorda Fiori, legata anche al man­cato pro­cesso di inclu­sione dei lavo­ra­tori emi­grati, cui non è per­messo for­mare sindacati.

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