Il Mondiale degli schiavi “Già morti 400 operai”

by Sergio Segio | 17 Febbraio 2014 10:32

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Il Mondiale degli schiavi ne ha già uccisi almeno 400, il contatore corre veloce e spietato. Il Qatar ha otto anni per prepararsi alla coppa del 2022 e undici stadi ancora da fare: spreme gli immigrati privati della libertà da un sistema di tipo feudale. Dopo l’inchiesta del Guardian a novembre, che parlava di 185 operai nepalesi morti nei cantieri, un nuovo allarme arriva dal Pncc, Pravasi Nepali Coordination Committee, l’associazione che tutela i lavoratori migranti («pravasi», in nepalese): i risultati del rapporto sono stati anticipati dal britannico Observer.
Citando fonti di Doha, il Pncc parla di 400 nepalesi morti nell’emirato e stima che, se la Fifa e il Comitato organizzatore non interverranno per migliorare le condizioni di sicurezza, potrebbero diventare 4mila fino al 2022. Dal Nepal proviene solo un quinto della forza lavoro migrante del Qatar, che attinge anche da India, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Indonesia e Filippine.
I migranti rappresentano il 94% della forza lavoro di un Paese di 1,7 milioni di abitanti che importa 1,2 milioni di operai. Arrivano in Qatar nella speranza di mandare un po’ di soldi a casa. Pagano, per questo, cifre spropositate a mediatori senza scrupoli.
Poi, però, si ritrovano in condizioni di semischiavitù, ammassati in case sovraffollate, spesso senza acqua corrente ed elettricità. Il sistema della kafala prevede
che il datore di lavoro sia sponsor del migrante, che viene ammesso in Qatar su garanzia dell’appaltatore ma poi dipende totalmente da lui: senza la sua autorizzazione, non può cambiare lavoro né lasciare il paese, e neppure affittare una casa, ottenere la patente, sporgere denuncia. Al momento di tornare in patria, deve firmare una liberatoria, spesso sotto ricatto, per stipendi che forse non ha mai visto.
Subito dopo l’inchiesta del Guardian, Blatter è arrivato in Qatar e ha chiesto al Paese una relazione dettagliata. Il comitato organizzatore ha diffuso un documento di 50 pagine che fissa linee guida più severe per le imprese, regolando il pagamento dei salari, la dignità degli alloggi, la sicurezza sul lavoro. Tuttavia le norme riguardano la costruzione degli stadi, di fatto non ancora partita (le migliori garanzie, a oggi, tutelerebbero appena 38 operai): sono aperti solo i cantieri dell’impianto di Al-Wakrah, il discusso “stadio a forma di vagina” (il design in verità è ispirato alla barca dei pescatori di perle). Entro dicembre, via ad altre quattro opere: su 12 stadi, 9 saranno di nuova costruzione e 2 ampliati. La spesa complessiva stimata per la coppa è di 168 miliardi di euro, contro i 4 spesi dal Sudafrica. Il nodo principale, ora, è tutelare i lavoratori delle infrastrutture.
Da Londra, alla vigilia della visita ufficiale del principe Carlo, atteso a Doha dalla famiglia reale Al-Thani, il ministro ombra per lo sviluppo internazionale, Jim Murphy, accusa: «Non un solo operaio ha perso la vita per allestire i Giochi di Londra, mentre in Qatar si parla di 4mila possibili morti». Theo Zwanziger, dal Comitato esecutivo Fifa, chiede ispezioni per verificare il rispetto dei diritti umani. In Qatar il Ministero del lavoro assicura di aver incrementato del 30% gli ispettori e di aver effettuato 11.500 controlli in tre mesi. Ma Amnesty International parla di condizioni disumane e denuncia che all’ospedale di Doha nel 2012 sono arrivati oltre mille feriti da traumi nei cantieri. Molti erano senza casco. L’International Trade Union Confederation, a dicembre, ha collocato simbolicamente 30 elmetti all’Hotel Sheraton di Doha, per ricordare le trenta morti sul lavoro ogni mese in Qatar.

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