Bonifici dall’Estero, così si evita la Tassa d’Ingresso del 20%

by Sergio Segio | 17 Febbraio 2014 10:28

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Con la modifica delle regole sul cosiddetto «monitoraggio fiscale» la «legge europea» n. 97 del 2013 ha introdotto dall’inizio di quest’anno una «ritenuta d’ingresso» del 20% su tutti i flussi finanziari provenienti dall’estero accreditati sui conti bancari delle persone fisiche, degli enti non commerciali e delle società semplici ed equiparate. Questo tipo di prelievo è un tassello della complessa riforma che ha l’obiettivo di accrescere la capacità dell’amministrazione finanziaria di intercettare capitali che si trovano illecitamente all’estero ma rischia di far precipitare nel caos anche la normale operatività bancaria.
In sostanza, per i redditi finanziari provenienti dall’estero ci sono ora regole ben precise che impongono sempre l’applicazione di ritenute quando nel trasferimento del reddito dall’estero in Italia è comunque coinvolto un intermediario finanziario italiano (banca, società di intermediazione mobiliare, società fiduciaria, eccetera). Fin qui non si tratta di un gran cambiamento: le ritenute d’ingresso ci sono sempre state e ora risultano solo disciplinate in modo più completo.
La vera novità è che quando l’intermediario attraverso il quale avviene il trasferimento non ha informazioni sufficienti sul flusso economico proveniente dall’estero la legge obbliga ad applicare la ritenuta sull’intero importo accreditato in Italia. Per le persone fisiche che svolgono attività d’impresa o di lavoro autonomo, tuttavia, la ritenuta non si applica poiché si presume che i bonifici esteri riguardino queste attività e l’intermediario si limita a segnalare l’operazione al Fisco. Secondo l’Agenzia delle Entrate la norma, che impone al contribuente di trasmettere in via preventiva all’intermediario tutte le informazioni necessarie per non applicare ritenute non dovute, rappresenta solo una manifestazione dell’obbligo generale di «partecipare attivamente all’accertamento del tributo». In pratica, però, la disposizione sta generando notevoli difficoltà giacché, se l’intermediario non ha ricevuto un preciso incarico alla riscossione delle somme estere, le informazioni disponibili nella fase di accredito degli importi sul conto italiano sono normalmente molto scarne. Per ora, dunque, quando la causale del bonifico non è esaustiva — il che avviene per migliaia di bonifici ogni giorno — la banche non sanno bene come regolarsi. Per il cliente che deve ricevere l’accredito in Italia, infatti, il reperimento di informazioni che escludano che il bonifico rappresenta un reddito tassabile è in molti casi non immediato o addirittura molto difficile.
Per fortuna, l’Agenzia ha attenuato la rigidità della disposizione ammettendo che il prelievo possa non essere effettuato se il contribuente attesta, mediante un’autocertificazione in forma libera, che i flussi accreditati sul conto italiano non costituiscono redditi di capitale o redditi diversi derivanti da investimenti all’estero o da attività estere di natura finanziaria. L’autocertificazione, inoltre — ha precisato l’Agenzia — può essere resa in via preventiva e riguardare la generalità dei flussi che saranno accreditati presso il medesimo intermediario, salva comunque la possibilità per il contribuente di dare specifiche indicazioni contrarie quando il flusso ha natura reddituale. Insomma, la nuova disposizione rende necessario un nuovo tipo di scambio di informazioni tra il cliente e la banca, scambio che prima non era necessario, dato che la banca, per i bonifici effettuati al di fuori di un rapporto di amministrazione delle somme provenienti dall’estero, si limitava a una segnalazione all’amministrazione finanziaria. Che da questo nuovo sistema possano derivare facilmente errori è consapevole la stessa Agenzia, poiché ha previsto che la ritenuta si applichi da febbraio (non da gennaio, data in cui è efficace il resto del provvedimento) e per tutte quelle applicate fino a giugno è previsto il versamento in unica soluzione entro il 16 luglio; il che rende più facile eventuali correzioni di errori nei primi mesi. Inoltre, anche per le ritenute applicate successivamente il contribuente può chiedere all’intermediario la restituzione della ritenuta applicata erroneamente entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello del prelievo.
Valentino Amendola

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