Al via lo smantellamento di Caorso, ma il deposito scorie è top secret

by Sergio Segio | 14 Febbraio 2014 11:14

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Sarà pro­ba­bil­mente uno degli ultimi decreti fir­mati dall’attuale mini­stro per lo Svi­luppo eco­no­mico. Un «grande» passo per allon­ta­narci per sem­pre dalla sta­gione nucleare. Il via libera è arri­vato ieri e con­sente di por­tare a ter­mine una delle più com­pli­cate ope­ra­zioni di decom­mis­sio­ning, lo sman­tel­la­mento delle vec­chie cen­trali nucleari, chiuse dal 1986 ma per la mag­gior parte ancora lì, con il loro carico di radioat­ti­vità e rifiuti peri­co­losi. Da ieri però per la vec­chia cen­trale di Caorso (Pia­cenza) la fine è più vicina. Il mini­stero ha infatti emesso il decreto per la sua disat­ti­va­zione, affi­data alla Sogin, che «da subito» attac­cherà il cuore dell’impianto, l’edificio reat­tore, per por­tare così a ter­mine le atti­vità come pre­vi­sto entro il 2026.

La cen­trale è stata rea­liz­zata negli anni ’70 dal rag­grup­pa­mento Enel – Ansaldo Mec­ca­nica Nucleare ed è stata in eser­ci­zio fino all’ottobre 1986. Nel ’99 Sogin – che ha recen­te­mente cam­biato i ver­tici: il pre­si­dente è Giu­seppe Zol­lino e l’ad è Ric­cardo Casale – ha acqui­sito la pro­prietà dell’impianto con il com­pito di sman­tel­larlo. A giu­gno 2012 è ter­mi­nata la boni­fica dell’edificio tur­bina con lo sman­tel­la­mento e la decon­ta­mi­na­zione di 6.500 ton­nel­late di com­po­nenti metal­lici. Il mate­riale radioat­tivo ora è stoc­cato lì, poi dovrebbe andare a finire, con tutti gli altri rifiuti radioat­tivi ita­liani, nel depo­sito unico delle sco­rie che dovrebbe essere costruito da qual­che parte ma non si sa dove. Il dop­pio con­di­zio­nale è d’obbligo, per una vicenda che giorno dopo giorno si tinge di giallo. Infatti il 17 gen­naio alla Camera il mini­stro dell’Ambiente Andrea Orlando ha espli­ci­ta­mente dato il via libera alla pub­bli­ca­zione dei cri­teri di indi­vi­dua­zione del sito pre­di­spo­sti dall’Ispra in una rela­zione attesa da 4 anni. Uno stu­dio arti­co­lato in cui si elen­cano solo le carat­te­ri­sti­che geo­mor­fo­lo­gi­che che ren­de­ranno sicuro il sito, senza fare nomi di loca­lità. Qual­che anno fa ci provò senza risul­tato l’Agenzia per la sicu­rezza nazio­nale, costi­tuita e sciolta tra le pole­mi­che ii pochi mesi. Ma l’Ispra ha por­tato a ter­mine il com­pito. La rela­zione, però, è ancora un segreto. Fonti interne rac­con­tano che non si sca­verà più sot­to­terra, ipo­tesi in piedi ai tempi della pro­te­sta di Scan­sano Jonico, un’altra era geo­lo­gica anche per la Sogin rispetto alla tra­spa­renza con cui gesti­sce oggi le infor­ma­zioni. All’epoca, in una sola notte il governo Ber­lu­sconi decise di sca­vare nel sot­to­suolo della cit­ta­dina lucana un depo­sito a prova di bombe. Ma non di ter­re­moto, come studi indi­pen­denti dimo­stra­rono. Que­sta volta si parla di un sar­co­fago in super­fi­cie inse­rito in un ampio parco tec­no­lo­gico che pren­derà esem­pio dal sito di La Hague, in Fran­cia: un depo­sito da 500.000 metri cubi inse­rito in un cen­tro tec­no­lo­gico avan­zato, con atti­vità di ricerca, divul­ga­zione e anche van­taggi eco­no­mici per le comu­nità circostanti.

Ma dov’è que­sta rela­zione dell’Ispra? La si tiene nasco­sta temendo le rea­zioni delle regioni? All’Ispra dicono di essere in attesa di un pla­cet del Mise. Ma anche lì non otte­niamo rispo­ste e alla fine si giu­sti­fi­cano dicendo che «in que­sta fase di crisi poli­tica le prio­rità sono altre».

Nelle stesse ore però si fir­mava il decreto per Caorso. Si auto­rizza così lo sman­tel­la­mento della cen­trale, la pro­du­zione di nuovi rifiuti nucleari, ma non si pre­di­spone il primo passo per la costru­zione del depo­sito, cioè pub­bli­care i cri­teri per indi­vi­duare il sito. Caorso è dotata di depo­siti tem­po­ra­nei per i rifiuti pro­dotti dalla boni­fica. E il 98% del com­bu­sti­bile esau­rito pro­dotto durante l’esercizio delle cen­trali ita­liane è stato inviato all’estero per il suo ripro­ces­sa­mento. Ma giorno dopo giorno si accu­mu­lano sul ter­ri­to­rio ita­liano, e non sem­pre in siti di stoc­cag­gio ad hoc, ton­nel­late di rifiuti ospe­da­lieri, frutto di esami nucleari, altret­tanto pericolosi.

In Ita­lia sono pre­senti attual­mente circa 30.000 metri cubi di rifiuti radioat­tivi, di cui circa il 10% ad alta atti­vità. Que­sto dato sarà più o meno rad­dop­piato quando sarà com­ple­tato lo sman­tel­la­mento delle vec­chie centrali.

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