La rabbia della città uccisa dalla Fiat

by Sergio Segio | 14 Febbraio 2014 11:11

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Da novem­bre del 2011 la fab­brica è chiusa e per le tute blu il lavoro in catena di mon­tag­gio è diven­tato ormai un ricordo: da due anni sono in cassa inte­gra­zione e ci reste­ranno ancora per altri 4 mesi, ma senza solu­zioni indu­striali, lo spet­tro del licen­zia­mento è con­creto. Una mani­fe­sta­zione così impo­nente non si vedeva dal 2002, quando la chiu­sura della fab­brica sici­liana del Lin­gotto era solo un’ipotesi. Oggi , invece, è la realtà. Ancora una volta la città è tor­nata a scio­pe­rare «per­ché la crisi della Fiat è un dramma per tutti, ha messo in ginoc­chio il ter­ri­to­rio, non fa sconti a nes­suno», dicono i promotori.

Migliaia di per­sone, cin­que­mila, secondo i sin­da­cati, hanno par­te­ci­pato alla mobi­li­ta­zione gene­rale orga­niz­zata da Fim, Fiom e Uilm, alla vigi­lia della riu­nione al mini­stero dello Svi­luppo eco­no­mico, che avrebbe dovuto svol­gersi que­sto pome­rig­gio. Avrebbe, per­ché la crisi di governo ha fatto sal­tare l’appuntamento romano. Del resto hanno atteso più di quat­tro anni solu­zioni indu­striali, mai arri­vate, per il rilan­cio del polo indu­striale ter­mi­tano. Ed ora il tempo è tiranno e incalza: se entro metà aprile non arri­vano solu­zioni, c’è il rischio che pos­sano essere avviate le pro­ce­dure di licen­zia­mento collettivo.

In piazza sono scesi com­mer­cianti, arti­giani, stu­denti, sin­daci delle Mado­nie con i gon­fa­loni per chie­dere lavoro e svi­luppo, per­ché senza occu­pa­zione non c’è futuro. Con gli ope­rai c’erano anche gli stu­denti delle scuole supe­riori. «Siamo qui — spiega Flo­riana Mil­lonzi, 18 anni, stu­den­tessa del liceo scien­ti­fico — per­ché viviamo in prima per­sona le con­se­guenze della chiu­sura dello sta­bi­li­mento, abbiamo paura per il futuro» . Anche la Chiesa ha uffi­cial­mente ade­rito alla mani­fe­sta­zione, con i par­roci in prima linea, insieme ai metal­mec­ca­nici. «Chi ha avuto il man­dato dal popolo fac­cia qual­cosa. Sul mondo del lavoro sono calate le tene­bre. Gli ope­rai sono rima­sti senza nulla in mano», accusa l’arciprete di Ter­mini Fran­ce­sco Anfuso, da sem­pre al fianco dei metal­mec­ca­nici siciliane.

Al pas­sag­gio del cor­teo delle tute blu le sara­ci­ne­sche di molti negozi erano abbas­sate: alcune in segno di soli­ta­rietà, altre per­ché non hanno retto alla spi­rale reces­siva e hanno chiuso. Dall’inizio dell’anno, secondo i dati di Casar­ti­giani, sono scom­parse dal tes­suto pro­dut­tivo 100 aziende arti­giane. «La situa­zione è dram­ma­tica — dice Giu­seppe Pro­fita dell’associazione di cate­go­ria — su 100 aziende chiuse in appena 43 giorni, ne sono state aperte 50 che però soprav­vi­vono per appena un seme­stre. E’ aumen­tato il lavoro nero, c’è un intero ter­ri­to­rio in ginocchio».

Sulla ver­tenza dei 1.200 ex ope­rai Fiat inter­viene da Roma anche il mini­stro dello Svi­luppo eco­no­mico Fla­vio Zano­nato. «Stiamo lavo­rando per garan­tire gli ammor­tiz­za­tori — assi­cu­rato — ma la cosa fon­da­men­tale è rimet­tere in moto l’attività pro­dut­tiva, lavo­riamo per tro­vare solu­zioni indu­striali, stiamo par­lando con la ’Mossi e Ghi­solfi’ e garan­ti­remo anche la coper­tura degli ammor­tiz­za­tori». Per i sin­da­cati «la ver­tenza deve tor­nare a Palazzo Chigi e la Fiat deve assu­mersi le pro­prie respon­sa­bi­lità, tor­nando a pro­durre in Sici­lia».
A chiu­dere la mani­fe­sta­zione il lea­der della Fiom, Mau­ri­zio Lan­dini: «Nei tavoli mini­ste­riali si è gio­cato allo sca­rica barile è accusa -. Se si vuole fare una cosa seria serve un coor­di­na­mento tra mini­steri e isti­tu­zioni e un solo luogo dove discu­tere. Il governo gioca un ruolo deci­sivo la ver­tenza della Fiat di Ter­mini Ime­rese. La par­tita è com­pli­cata, ma non pos­siamo accet­tare che la Fiat si pre­senti al tavolo da osser­va­tore. È il momento dei fatti se si vuol dare una pro­spet­tiva, abbiamo biso­gno che la Fiat non si tiri fuori dal tavolo. Chie­diamo ammor­tiz­za­tori sociali per tutto il 2014 e il ritiro dei primi licenziamenti».

I primi licen­zia­menti hanno col­pito gli ope­rai dell’indotto: Lear e Cler­prem, che pro­du­ce­vano sedili e imbot­ti­ture per Fiat hanno detto no alla pro­roga del para­ca­dute sociale per altri sei mesi e dal primo gen­naio hanno avviato la mobi­lità per i loro 174 addetti. Giu­seppe Laz­zaro è uno di loro. Ha lavo­rato per anni alla catena di mon­tag­gio assem­blando sedili poste­riori nella Lan­cia Y, l’ultimo modello pro­dotto dalla Fiat in Sici­lia. «Non si può andare avanti così – dice acco­rato -, ho un bimbo pic­colo, mia moglie fa qual­che lavo­retto. Non mi aspetto più nulla, nem­meno dall’incontro di domani (oggi ndr) al mini­stero». Incon­tro poi saltato.

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