Mais ogm, l’Europa vota ma non decide. Ora è più vicina l’autorizzazione a usarlo

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 BRUXELLES — «Pioneer» è stato fedele al suo nome: pioniere di furbate ed equivoci, tanto da mettere alla berlina l’Unione Europea. Ieri quest’ultima — cioè i suoi ministri delle politiche europee, riuniti nel Consiglio Affari generali — avrebbe dovuto decidere se autorizzare o meno la coltivazione nella Ue del mais geneticamente modificato Tc1507, appunto il «Pioneer», prodotto da una multinazionale americana intervenendo sul suo patrimonio genetico in modo tale da renderlo resistente agli attacchi dei parassiti. Ma è finita come in certe commedie assurde di Eugene Jonesco: i vincitori hanno perso, anzi non si è neppure arrivati al voto, la palla è rimbalzata da sola fino alla Commissione Europea in un gran nebbione giuridico, nessuno sa bene se l’ogm avrà via libera o no, ma tutti dicono che la decisione arriverà entro le prossime ore. Trattandosi di una questione che riguarda la salute pubblica, i tempi sono ufficialmente quelli dell’emergenza: anche se è da 13 anni che a Bruxelles si discute del «Pioneer».
Cronaca succinta della mattinata: dopo un primo dibattito, trionfo virtuale dei Paesi contrari all’ogm, ben 19 fra cui l’Italia, schierati nel «no» condiviso dal Parlamento europeo; e contemporaneamente sconfitta virtuale dei Paesi favorevoli, 5, guidati dalla Gran Bretagna; poi, con sorpresa per nulla sorprendente perché già prevista da giorni, 4 astensioni capitanate dalla Germania (un tempo spauracchio degli ogm) affondano la possibilità di una maggioranza qualificata. Il voto è sospeso, i ministri si guardano in faccia. A questo punto, la prassi sembrerebbe indicare un’opzione obbligata, che viene sposata al volo da Tonio Borg, commissario Ue alla sanità: «Non essendoci una maggioranza qualificata contro questa proposta, la Commissione deve approvare la coltivazione dell’ogm, non ha scelta». Ma non è così, o non del tutto. Si chiede il parere dell’ufficio giuridico, e però — come spiegherà il ministro italiano delle politiche europee, Enzo Moavero — «non c’è un’interpretazione univoca» dei testi legislativi dell’Ue.
Comunque, si decide di seguire la tradizione sposata da Borg e di votare per rinviar tutto alla Commissione. Ma qui, interviene anche un’arte diplomatica chiamata «comitatologia», in pratica l’insieme delle regole formali che guidano queste riunioni: «Guardate — dice il presidente di turno del Consiglio, il greco Evangelos Venizelos — che in queste condizioni non si può andare a un voto. E la Commissione può anche impugnare la decisione». Niente è scontato, in altre parole. Né è automatico che, in mancanza di una maggioranza qualificata, l’ogm si veda spalancare le porte d’Europa (con gravi pericoli, secondo gli ambientalisti, perché potrebbe danneggiare i meccanismi della riproduzione). Lunghi attimi di sconcerto, Venizelos ha sparigliato le carte. E al suo fianco si schierano la Francia — da sempre contraria a «Pioneer» come ad altri ogm — e l’Italia, anch’essa contraria «senza se e senza ma», come spiega Moavero. Alla fine si decide di non decidere: niente voto, rimbalzo di «Pioneer» alla Commissione: che, a questo punto, potrebbe anche ritirare la sua proposta iniziale.
In questa baraonda, la posizione dell’Italia sembra una delle più nette: è contraria a «Pioneer», dice Moavero, «in base al principio di precauzione e al principio di sussidiarietà» (le leggi nazionali vengono già considerate all’altezza del problema, senza bisogno di ulteriori interventi normativi Ue, ndr ). Si continua a trattare nella notte, a Bruxelles ma anche direttamente fra le capitali e i governi: il che fa sospettare che qui non si tratti solo di una pannocchia di mais, ma di un granaio farcito di milioni, o miliardi, di euro.
Luigi Offeddu


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