«Europa, cambieremo gli equilibri. E al Pse: i piccoli passi non bastano»
«Vogliamo cambiare gli equilibri per cambiare l’Europa. La nostra posizione è chiara. Il problema semmai è dei socialdemocratici che a parole criticano l’Europa dell’austerità ma ne hanno condiviso tutte le scelte». Ieri, secondo giorno della tappa italiana del suo tour elettorale, il leader greco Alexis Tsipras partecipa all’esecutivo del partito della sinistra europea (Se) di cui è vicepresidente. 29 partiti, ospiti di Paolo Ferrero del Prc («Dobbiamo rompere la finta alternativa fra europeisti liberisti e destre anti-euro, due forme di oscurantismo. La scommessa è unire tutti quelli che credono in questo progetto»); fra gli altri ci sono Pierre Laurent del francese Pcf, la spagnola Maite Mola del Pce-Izquierda Unida (che lancia un’iniziativa comune contro la legge anti-aborto del governo Rajoy), i dirigenti della tedesca Linke e del Bloco de Esquerda portoghese. L’esecutivo torna a riunirsi oggi, ma ha già annunciato per il 10 aprile un vertice a Bruxelles sul debito; e nominato il giovane Fabio Amato, anche lui del Prc, coordinatore della campagna per le europee.
Ancora giornalisti e ancora domande per il leader di Syriza che a Atene nel 2012 ha compiuto il miracolo di portare in pochi mesi la sua coalizione dal 6 al 27 per cento (ora i sondaggi la danno sopra quota 30). E a Roma ha già compiuto un altro miracolo, altrettanto incredibile, far correre insieme sotto le sue insegne le sinistre italiane, partiti movimenti e associazioni, fino a qui divise e schierate su fronti diversi ma chiamate alla corsa da un gruppo di intellettuali (Spinelli, Camilleri, Gallino, Revelli, Viale, Flores D’Arcais). Lui ne è consapevole: «Siamo riusciti a superare le differenze. Ma non sono qui per fondare un nuovo partito europeo. Sono qui per unire e non per dividere».
Ma non evita il tema delle alleanze con i socialdemocratici, che in Italia come in Grecia come in Germania sostengono governi con le destre. Un tema delicato, in Italia. La Sel di Nichi Vendola, che lo sostiene — oggi i due, Tsipras e Vendola, si incontreranno — si augura «il dialogo con Martin Schulz», il candidato socialdemocratico, avversario nella corsa europea. Tsipras spiega: «La sinistra, noi, saremo la sorpresa delle europee. Non so cosa intende fare Schulz dopo il voto. Per ora lui e Junker (Jean-Claude, il lussemburghese candidato dei popolari, ndr) rappresentano il vecchio e le politiche del rigore che stanno distruggendo la democrazia e i diritti. Schulz è simpatico, so che ha simpatia verso alcune delle nostre posizioni, ma fin qui ha agito come corresponsabile di questa situazione. Ora siamo antagonisti, vedremo i risultati del voto. Aggiungo: è anche possibile che ora Schulz si muova verso le nostre posizioni. Ma non basta fare qualche passetto per accaparrarsi la presidenza della commissione. La situazione dell’Europa è difficile. Servono scelte radicali».
Oggi Tsipras incontrerà il presidente del Lazio Nicola Zingaretti (Pd) e il suo vice Smeriglio (Sel).
Ma ieri nel pomeriggio il candidato greco segna un altro gol salendo a Palazzo Chigi dove lo accoglie Enrico Letta, il premier, di ritorno da Sochi e nel pieno di una fibrillazione di governo. L’incontro dura tre quarti d’ora, nel salottino accanto allo studio del premier, quello dedicato ai colloqui ufficiali, al primo piano. Letta presiede un governo di larghe intese, e da esponente Pd si è schierato con il governo del conservatore Samaras sostenuto dal socialisti del Pasok.
Tsipras spiega la sua agenda e le sue proposte sull’immigrazione per superare il regolamento Dublino 2. Letta, già presidente dei giovani del Ppe, ascolta, convinto che la politica europea è «politica interna». Ma l’incontro, per niente scontato, segnala l’attenzione di Roma verso il leader definito dal tedesco Der Spiegel «nemico numero uno dell’Europa» — e che invece proprio sull’europeismo ha battuto molto in questa visita italiana. Un Tsipras dunque per niente «isolato» nei paesi dell’Unione, come invece lo descrive Samaras. Un giovane che del resto ha le carte (e forse anche i voti) per diventare presto premier del suo paese.
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