Piano su lavoro e burocrazia Il premier cambierà la squadra

Loading

ROMA — In un’aula di tribunale si chiamerebbe inversione dell’onere della prova, negli schemi di un Paese in cui la tattica politica prevale spesso sui contenuti si chiama iniziativa del presidente del Consiglio. Letta l’ha annunciata a Sochi, prima di rientrare in Italia, e tradotta in soldoni potrebbe declinarsi così: «Un programma strategico il governo ce l’ha già, non può più attendere il Pd».
La questione del programma è dirimente per comprendere il cambio di passo annunciato dal premier a margine delle Olimpiadi invernali. A Palazzo Chigi la impostano in questo modo: «Sono mesi che mettiamo a punto ipotesi di provvedimenti strategici per il Paese, la verità è che noi siamo pronti, il Pd non lo è». Rafforzano il concetto i parlamentari che fanno riferimento a Letta: «Il Jobs Act è una scatola vuota, non c’è una sola ipotesi traducibile subito in provvedimento». Insomma Enrico Letta ha atteso invano il suo Pd, il suo segretario, la prima forza della sua maggioranza. Ne ha atteso il sostegno, ne ha auspicato il contributo programmatico. Si è reso conto che a forza di attendere, di essere prudente, di assecondare, indeboliva se stesso. La «sovraesposizione mediatica» di Renzi, definizione dello staff del premier, è in qualche modo inarrestabile e soprattutto incapace di avere effetti virtuosi, almeno finora, sull’esecutivo. Dunque meglio cambiare registro.
Senza attendere il suo partito Letta dopodomani andrà da Napolitano con un’ipotesi di organigramma governativo diverso dall’attuale e con un programma nuovo per i prossimi 12 mesi. Un Letta bis? Sembrerebbe. Se convincerà il capo dello Stato girerà le proposte al suo partito e a quel punto saranno Renzi e i renziani, Cuperlo e la minoranza, i bersaniani e i franceschiniani, tutte le costole di un partito che ha bisogno di altri giorni per decidere se sfiduciare o meno un governo di cui è il primo azionista, a dover dire una parola di chiarezza. Magari prima del 20, data della prossima direzione del Partito democratico, convocato appunto per discutere del destino dell’esecutivo.
L’intento di Letta è uscire da un equivoco, presentare quel foglietto Excel divenuto uno dei simboli della distanza con il segretario del Pd: non sappiamo se alla fine userà davvero il celebre programma della Microsoft, evocato con ironia tagliente da Renzi qualche settimana fa, di certo riempirà da solo le griglie mancanti, se il Pd non darà il suo contributo.
Ma la settimana che si apre domani sarà decisiva anche per comprendere il destino della legge elettorale: Letta attende martedì per capire se davvero l’intesa fra Renzi e Berlusconi regge, se davvero il primo ha il pallino della situazione in mano o se piuttosto le cose non siano più complicate di come sono state presentate. Innalzare quella soglia che il Cavaliere e il sindaco di Firenze hanno rintracciato nel 37% potrebbe essere obiettivo comune di una molteplicità di attori, dal Quirinale a Palazzo Chigi, dalla minoranza di Cuperlo al partito di Alfano. A quel punto la legge elettorale sarebbe diversa da quella immaginata dal segretario del Pd. Cosa che si tradurrebbe, c’è da immaginarlo, in conseguenze politiche ben precise.
Nel calderone delle indiscrezioni sul nuovo programma c’è un capitolo corposo dedicato alle politiche del lavoro, uno che si ritiene altrettanto strategico sulle misure antidebito e sulle privatizzazioni (martedì si riunisce il Comitato consultivo del governo che potrebbe dare il via libera ad una seconda tranche di dismissioni che includa fra gli altri una quota di Eni e di Finmeccanica), uno di sgravi fiscali diretti a chi soffre di più i morsi della crisi (per esempio famiglie numerose), un altro ancora dedicato ad un corposo progetto di semplificazione amministrativa e burocratica.
Con quale squadra? Sembra che Letta sia pronto a rinunciare a ministri tecnici come Giovannini e la Cancellieri, dovrà sostituire la De Girolamo, e a questo punto i ministri nuovi sarebbero tre, più i due posti da viceministro vacanti da tempo insieme ai sottosegretari. Anche di questo dopodomani, cercando di uscire dall’angolo, il premier discuterà con il capo dello Stato.
Marco Galluzzo


Related Articles

CERCASI REGISTA PER ALLEANZA

Loading

  C’È UNA singolare incoerenza in questo inizio di campagna elettorale. Le forze più responsabili del Paese, quelle presenti in Parlamento ma anche quelle che esprimono una parte della società  civile più consapevole dei problemi del Paese, improvvisamente si ritrovano a sfidarsi a duello. In una contesa che sembra guardare poco al merito delle questioni e – per usare un termine ormai di moda – alle rispettive agende.

Nel Pd cambiano gli equilibri La tentazione di virare a sinistra

Loading

Timori per il nuovo asse Letta-Renzi. La battaglia riparte dall’Imu

La vittoria del centrosinistra nelle città 

Loading

Sessantasei a venti per il centrosinistra. Questo risultato da partita di basket piace molto al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che sintetizza su Twitter la disfatta del centrodestra alle amministrative 2011: «Nel 2006, anno straordinario, registrammo 55 vittorie. Ora ne contiamo 66. Grazie a tutti» .

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment