«Legalizzare le sostanze, per neutralizzare i clan mafiosi»

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Vive sotto scorta e in loca­lità segrete da due anni, da quando è finita nel mirino del clan Mado­nia di Palermo per­ché ha avuto il corag­gio di ribel­larsi alla richie­sta di pizzo e ha con­tri­buito a far arre­stare alcuni capi cosca. Da testi­mone di giu­sti­zia quale è, l’imprenditrice Vale­ria Grasso, pre­si­dente dell’associazione paler­mi­tana anti­ma­fia «Lega­lità e Libertà», non mostra mai in pub­blico il suo volto, come ha fatto alla con­fe­renza stampa orga­niz­zata in Cam­pi­do­glio dal car­tello di asso­cia­zioni «Ille­gale è la legge» per lan­ciare il cor­teo di oggi a Roma. Non a caso la signora Grasso, come anche il Comi­tato don Peppe Diana impe­gnato da anni nella lotta alla camorra a Casal di Prin­cipe che dei clan casa­lesi è l’epicentro, hanno ade­rito all’iniziativa anti­proi­bi­zio­ni­sta per la can­cel­la­zione della legge Fini Gio­va­nardi, sapendo molto bene che è il nar­co­traf­fico il core busi­ness delle mafie.

Lei è tra coloro che hanno detto «no alla mafia» met­tendo in gioco la pro­pria inco­lu­mità e quella dei pro­pri cari. Ci rac­conta la sua storia?

Da due anni viag­gio con i miei 3 figli e il mio com­pa­gno attra­verso l’Italia intera, da un luogo pro­tetto all’altro, da quando la mafia è venuta a bus­sare alla porta della mia pale­stra, prima con modi gar­bati, poi sem­pre più insi­sten­te­mente: il prezzo da pagare erano mille euro al mese in cam­bio della tran­quil­lità e della pace da buon vici­nato. Mi sono tro­vata dinanzi alla scelta più dif­fi­cile della mia vita: rima­nere libera o sot­to­met­termi alla pre­po­tenza della mafia. Diven­tare una testi­mone di giu­sti­zia non è facile, la sof­fe­renza è tanta, ma ogni giorno mi dico che ne è valsa la pena. Poter guar­dare in fac­cia i miei figli senza ver­go­gna e poter inse­gnare loro che i pro­pri sogni vanno con­qui­stati, per me non ha prezzo.

Per­ché ha accet­tato di diven­tare testi­mo­nial del cor­teo anti­proi­bi­zio­ni­sta di oggi?

Per­ché voi siete un pezzo dell’antimafia sociale, non quella da pas­se­rella, e com­bat­tete attra­verso una causa giu­sta con un impe­gno attivo e pra­tico. Io credo che togliere ossi­geno alle mafie in fondo è faci­lis­simo, baste­rebbe lega­liz­zare e toglier­gli i pro­venti dei traf­fici di sostanze ille­cite che sono la loro mag­giore forma di finan­zia­mento. Eppure fino a poco tempo fa sarei stata una soste­ni­trice del «campo oppo­sto», quello della proi­bi­zione e della san­zione penale, quello insomma della legge Fini-Giovanardi. Sono cre­sciuta in una cul­tura dove le con­dotte “sba­gliate” dove­vano essere proi­bite a pre­scin­dere. Eppure anch’io, per dirne una, sono una fuma­trice di siga­rette, quelle siga­rette che pro­du­cono oltre 30.000 morti all’anno per can­cro ai polmoni.

Poi cosa è suc­cesso? Come ha cam­biato idea?

E’ stata la vita che mi ha messo in una situa­zione che non avrei mai imma­gi­nato, ma che mi ha aperto gli occhi e di que­sto ne sono felice, tutto som­mato mi è andata bene, avrei potuto con­ti­nuare a vivere con la testa sotto la sab­bia. Non sono una pro­fonda cono­sci­trice di tutte le sta­ti­sti­che e i dati mini­ste­riali, ma so per certo che non si cono­scono casi di morte per mari­juana. Quest’ipocrisia quo­ti­diana è sotto gli occhi di tutti. La stessa ipo­cri­sia che ha ispi­rato la legge Fini-Giovanardi gra­zie alla quale le car­ceri ita­liane sono sovraf­fol­late di pic­coli spac­cia­tori e con­su­ma­tori, men­tre i pesci grossi con­ti­nuano a navi­gare in acque sicure. Ho avuto la sfor­tuna di cono­scere a fondo le strut­ture delle atti­vità mafiose, le loro gerar­chie e le loro dina­mi­che, i loro inte­ressi eco­no­mici, la loro capa­cità di con­trol­lare il ter­ri­to­rio anche e soprat­tutto attra­verso lo spac­cio di sostanze stu­pe­fa­centi nei quar­tieri e nelle piazze di Palermo. Credo for­te­mente nel mes­sag­gio di Fal­cone: «La mafia è un feno­meno umano e in quanto tale può essere scon­fitta». La Corte Costi­tu­zio­nale andrebbe esat­ta­mente in que­sta dire­zione, se il pros­simo 12 feb­braio si pro­nun­ciasse con una sen­tenza di ille­git­ti­mità. A que­sto punto tocca alla poli­tica fare il pro­prio corso e il pro­prio lavoro. Biso­gna lega­liz­zare, senza paura, anzi con corag­gio: per­ché non c’è alter­na­tiva. Per que­sto vor­rei che a Roma arri­vas­sero in tanti e tante per lan­ciare un urlo con­tro tutte le mafie e i loro busi­ness criminali.

*por­ta­voce del car­tello «Ille­gale è la legge».


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