Salta lo stop alle cartelle Equitalia Ora spunta la «compensazione»
ROMA — Non è proprio una marcia indietro ma qualche somiglianza c’è. La Camera riscrive la norma che prevedeva lo stop alle cartelle di Equitalia per le aziende che hanno crediti nei confronti della pubblica amministrazione. Lo stop alle sanzioni fiscali era passato con un emendamento del Movimento 5 Stelle, approvato mercoledì scorso nelle commissioni Finanze e Attività produttive, durante i lavori sul decreto legge Destinazione Italia. Ma quel testo non ha retto al passaggio in Aula. Prima i rilievi della Ragioneria generale dello Stato, che vigila sulla spesa pubblica. Poi i paletti della commissione Bilancio, chiamata a valutare tutte le modifiche prima del voto dell’Aula. Alla fine, dopo un lungo tira e molla e sospensioni a raffica, quell’emendamento è stato riscritto con una nuova formulazione e sarà votato in Aula lunedì.
Per chi aspetta di essere pagato dalla pubblica amministrazione le cartelle di Equitalia non saranno più «soppresse» come diceva l’emendamento del Movimento 5 Stelle. Ma «compensate» con il credito verso lo Stato. Tradotto: se un’azienda deve avere dallo Stato 100 e deve pagare al fisco 80, avrà (quando l’avrà) dallo Stato direttamente 20 e chiuderà i giochi. La differenza non è da poco. E soprattutto l’operazione non è automatica. Per farla scattare davvero servirà un decreto attuativo del ministero dell’Economia, da firmare entro 90 giorni. Ma con un arretrato di 850 norme applicative che il governo deve ancora varare sarà difficile rispettare i tempi. Non solo. Si potrà procedere alla compensazione solo a patto di garantire «gli equilibri di finanza pubblica», clausola generale che il ministero dell’Economia può sempre impugnare in caso di difficoltà. Ma perché la soppressione non va bene e la compensazione sì? In realtà il nuovo testo potrebbe aiutare il governo in quella difficile operazione che va sotto il nome di pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione. Anche se nel bilancio generale non cambierebbe nulla perché pur sempre di somma algebrica si tratta, la compensazione farebbe migliorare le tabelle aggiornate periodicamente dal ministero dell’Economia. Per un carico di arretrati che si aggira sui 100 miliardi di euro, il piano di smaltimento ne ha stanziati finora 27, mentre quelli effettivamente pagati sono 22. Non solo. Perché un’altra montagna si sta alzando davanti a noi, visto che i tempi di pagamento continuano ad essere biblici anche per i nuovi contratti, nonostante il nuovo limite di 30 giorni, e l’Unione Europea ci ha appena regalato l’ennesima procedura d’infrazione.
C’è poi un altro nodo da sciogliere sul decreto Destinazione Italia. Sempre le commissioni Finanze e Attività produttive avevano bloccato l’ennesimo aumento delle accise a carico della birra, previsto per il primo marzo. Ma anche su questo punto la commissione Bilancio ha chiesto una modifica, visto che ci sarebbero meno entrate. Non è ancora chiaro come la questione sarà risolta. Già votato in Aula, invece, un altro correttivo chiesto sempre dalla commissione Bilancio: è stata cancellata la norma che prevedeva l’iscrizione alla gestione Inps artigiani dei soci delle cooperative artigiane, perché ci sarebbero minori entrate contributive. Passata anche la correzione sul buono sconto per i libri che, come annuncia il Pd Marco Causi, «sarà deducibile dai pagamenti fiscali e contributivi delle librerie».
L’esame dell’Aula riprenderà lunedì, il voto finale è fissato per martedì per poi andare al Senato. Sempre se non ci saranno altri ritardi visto l’andamento lento della seduta di ieri. Il decreto Destinazione Italia era nato come il primo pezzo delle misure studiate dal governo per attirare gli investimenti stranieri. Poi si è arricchito di materie che con gli investimenti stranieri non c’entrano molto. Compreso l’articolo sull’assicurazione Rc auto, poi stralciato e trasformato in un disegno di legge che ha pochissime possibilità di tagliare il traguardo. «La maggioranza — dice il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta — manda a picco i provvedimenti del governo. Il presidente Enrico Letta non ha nulla da dire?».
Lorenzo Salvia
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