La corruzione certe volte è un’opinione

by Sergio Segio | 7 Febbraio 2014 10:24

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Un numero che, hanno svelato alcuni siti web tra cui il Post e Pagina 99 , non si sa da quale cappello sia uscito. Di certo non da una statistica solida o da fonti verificate. Probabilmente da stime (anch’esse ipotetiche) della corruzione mondiale pari al 4% del Prodotto lordo globale, percentuale che, riportata in Italia, farebbe circa 60 miliardi. Discutibile che fonti ufficiali dell’Unione Europea facciano uso di ballon d’essai vaganti per la Rete per affrontare un problema rilevante. I mezzi d’informazione e i giornali sono avvertiti: d’ora in poi, verificare anche i numeri che escono da Bruxelles.
Dal momento che ci piace essere ottimisti, diciamo che la vicenda è però servita ad accendere una luce sulla questione corruzione, di cui spesso parliamo al buio — per dire che non se ne può più, che ormai è arrivata ovunque, magari per non andare a votare. Naturalmente, quantificarla con esattezza è difficile, essendo per definizione evanescente e senza ricevuta fiscale. Ieri, il capogruppo alla Camera di Forza Italia Renato Brunetta ha commentato che «le stime che si fanno sulla corruzione, 50-60 miliardi all’anno, senza un modello scientifico diventano opinioni da prendere come tali ma che, complice a volte la superficialità dei commentatori e dei media, aumentano la confusione e anestetizzano qualsiasi slancio di indignazione e contrasto». Vero. Dati scientifici, in effetti, non sembra ce ne siano. Anche l’organizzazione più famosa nel campo, Transparency International, compila periodicamente un indice della corruzione dettagliato per Paese, ma lo chiama Corruption Perception Index, indice percepito in quanto basato sulle opinioni che gli interrogati dai sondaggi hanno del livello di corruzione nel loro Paese. È che in assenza di numeri certi, o almeno quasi certi, occorre cercare altri punti di riferimento.
E la percezione è poco scientifica ma qualcosa racconta. Dice per esempio che gli italiani ritengono il loro Paese particolarmente corrotto, probabilmente in modo esagerato. E qui bisogna dire che la Commissione europea non fa solo pasticci. Dopo interviste condotte da Eurobarometro su 1.020 italiani poco meno di un anno fa, risulta che il 58% ritiene che il problema della corruzione in Italia sia «diffuso»: dato che si confronta con il 35% della media Ue. Un altro 39% ritiene che sia «abbastanza diffuso» e solo il 2% pensa che sia «raro» (il 15% la media in Europa). Il 74% degli italiani pensa anche che negli ultimi tre anni sia aumentato, contro il 56% medio in Europa. Quasi nessuno crede sia diminuito. Il tentativo di analisi della Commissione Ue non è insomma scientifico ma è interessante. Scopre per esempio che, se dalle opinioni si passa ai fatti, le cose cambiano: quando richiesto se «negli ultimi dodici mesi è stato testimone di un caso di corruzione», il campione italiano risponde al 90% di no, percentuale identica a quella media della Ue.
Nella sua relazione pubblicata il 3 febbraio e «incriminata» sulla questione dei 60 miliardi, l’Unione Europea tiene conto anche di lavori, sondaggi e analisi di altre organizzazioni, in particolare delle valutazioni Greco (Group of States against Corruption) del Consiglio d’Europa. Come risultato, tra l’altro nota che «in certi Paesi, inclusi Portogallo, Slovenia, Spagna e Italia, l’abuso d’ufficio sembra raro ma la corruzione in senso più ampio è una preoccupazione seria». Più precisamente, «mentre l’esperienza personale di corruzione è apparentemente rara (1-3%), la percezione è pesantemente influenzata da scandali politici recenti e dalla crisi finanziaria economica».
Insomma: abbiamo un’idea di noi stessi probabilmente peggiore della realtà. Il guaio è che poi questa riverbera all’estero e abbatte la reputazione del Paese più di quanto meriterebbe. È il caso di lavorare sulla percezione, dunque: con qualche scandalo in meno.

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